Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 95 IV 11



95 IV 11

4. Estratto della sentenza 8 gennaio 1969 della Corte di cassazione
penale nella causa Fasola contro Corte di cassazione e revisione penale
del Cantone Ticino Regeste

    Siegelbruch. Art. 290 StGB.

    Amtlicher Charakter des Siegels: Bedeutung dieses Erfordernisses
(Erw. 1).

    Bedingter Strafvollzug. Art. 41 StGB.

    Der Umstand, dass die Hauptstrafe wegen ihrer Dauer (hier: dreizehn
Monate Gefängnis) nicht bedingt aufgeschoben werden darf, berührt den
Entscheid über den bedingten Aufschub der Nebenstrafe nicht. Dieser
Entscheid hängt einzig von den in Art. 41 Ziff. 1 Abs. 2-4 StGB
umschriebenen Voraussetzungen ab (Erw. 3).

Sachverhalt

                  Riassunto della fattispecie:

    A.- L'articolo 41 della legge federale sulle dogane (LD) e gli articoli
69 e seguenti del relativo regolamento d'esecuzione (RD) disciplinano
la procedura della bolletta di cauzione. Chi importa dall'estero merci
destinate ad essere riesportate o ad essere avviate ad un altro ufficio
doganale di confine o interno oppure ad un punto franco, non ha bisogno
di operare uno sdoganamento definitivo. Egli può depositare il dazio
normalmente dovuto, o fornire una garanzia per il suo eventuale pagamento;
riceverà così una bolletta di cauzione che l'ufficio doganale competente
provvederà a scaricare, qualora la merce venga effettivamente riesportata
entro il termine stabilito: in tal caso l'obbligo di solvere il dazio
diventa, da quel momento, caduco. Affinchè la riesportazione possa essere
controllata, la merce viene di regola posta sotto chiusura doganale. Questa
consiste perlopiù nella piombatura dei colli importati.

    B.- Anche l'esportazione di merci svizzere soggiace al controllo
doganale (art. 6 LD). Questo esame serve ad evitare che vengano portate
all'estero merci proibite. Ma esso rende servizio anche all'esportatore,
dal momento che quest'ultimo non deve pagare, per la fornitura di merci
che riesce a provare di aver esportato, l'imposta sulla cifra d'affari
normalmente dovuta per le forniture in Svizzera (art. 13 cpv. 1 lett. a
DCA, Ordinanza n. 8 c del Dipartimento federale delle finanze e delle
dogane concernente l'ICA, del 17 giugno 1954).

    Per motivi tecnici, è talora opportuno che la merce non venga esportata
subito dopo il controllo particolareggiato e la stesura del modulo per
l'ICA, attraverso lo stesso valico doganale. Non tutti gli uffici di
dogana sono organizzati per simili operazioni, che peraltro richiedono
parecchio tempo. D'altra parte, anche l'esportatore, rispettivamente lo
spedizioniere, può preferire notificare in un primo tempo le singole merci,
per esportarle poi mediante una spedizione d'assieme, magari attraverso
un altro valico. Per tener conto di queste esigenze, è invalso nel IV
circondario doganale l'uso di adoperare in via analogica la bolletta di
cauzione anche in caso di esportazione di merci. Così, all'ufficio doganale
di Chiassostazione l'esportatore, rispettivamente lo spedizioniere,
può far controllare i colli di merce che intende esportare, ma non ha
bisogno di farli proseguire in Italia direttamente da quel valico. Se
l'esportazione viene effettuata altrove, l'ufficio sigilla i colli, che
riconsegna al vettore accompagnati da una bolletta di cauzione. Il vettore
presenterà allora questo documento, insieme con la merce, all'ufficio
doganale prescelto. Il funzionario controllerà quindi l'imballaggio,
lo libererà dalla chiusura ufficiale, si assicurerà che la merce varchi
il confine e scaricherà la bolletta. Con la bolletta così annullata,
l'esportatore potrà ottenere l'esonero, rispettivamente il rimborso,
dell'ICÁ. L'applicazione della bolletta di cauzione in siffatti casi non
è prevista nè dalla LD nè dalle relative disposizioni regolamentari.

    Questo modo di procedere è sfruttato soprattutto dai contrabbandieri,
i quali possono così esportare i colli sigillati attraverso i valichi che
giudicano più favorevoli, in particolare attraverso quelli ove i posti
doganali svizzero e italiano si trovino a sufficiente distanza tra loro.

    C.- Aldino Fasola, cittadino italiano, abita nella località comasca di
Maslianico, a pochi metri dal confine svizzero. Esercita il contrabbando
da 20 anni. A partire dall'autunno del 1966, grazie alle sue relazioni
con Benzoni, caporale delle guardie di confine e capoposto ricevitore
all'ufficio doganale svizzero di Vacallo-Roggiana, Fasola presentava
alla dogana, per lo scarico, unicamente le bollette di cauzione, con
gli imballaggi, le cordicelle e i piombi; non recava invece la merce,
che tuttavia Benzoni, mediante un compenso di 40 a 50 franchi per volta,
dichiarava ufficialmente di aver "visto uscire".

    Accusato di continuata complicità in falsità, di continuata corruzione
attiva e di continuata rottura di sigilli, Aldino Fasola è stato condannato
il 15 dicembre 1967 dalla Corte delle assise criminali di Mendrisio a
13 mesi di detenzione e alla espulsione dal territorio svizzero per 5
anni. Nello stesso processo sono stati giudicati e condannati anche il
caporale Benzoni ed altri complici di Fasola.

    Fasola ha impugnato questo giudizio davanti alla Corte di cassazione
e di revisione penale del Cantone Ticino, la quale, con sentenza del 21
marzo 1968, ha respinto il ricorso.

    D. - Contro siffatta sentenza Aldino Fasola interpone un tempestivo
ricorso per cassazione al Tribunale federale.

Auszug aus den Erwägungen:

                   Estratto dei considerandi:

Erwägung 1

    1.- Il ricorrente contesta in primo luogo il carattere ufficiale della
piombatura dei 66 colli contenenti merce svizzera, dal momento che tale
operazione sarebbe solo prevista per le merci importate. Questa opinione
è priva di fondamento.

    Il segno ufficiale manifesta esteriormente una determinata disposizione
generale; così, il sigillo sta, per esempio, ad indicare che un armadio,
un locale, un pacco, ecc., debbono rimanere chiusi (SCHWANDER, Das
schweizerische Strafgesetzbuch, N. 754). Determinante è, a questo riguardo,
che un tale segno sia apposto in modo ufficiale e che la sua finalità
appaia riconoscibile (HAFTER, Schweizerisches Strafrecht, p. 736). Il
sigillo è apposto in modo ufficiale quand,è applicato dall'autorità statale
competente in una procedura conforme alla legge (cfr. Rechtsprechung
in Strafsachen, anno 1952, N. 277, in cui non è considerato sigillo ai
sensi dell'art. 290 CP il piombo apposto ad un contatore da una società
elettrica, mancando ad essa il carattere d'autorità).

    Queste considerazioni addotte dalla dottrina e dalla prassi
corrispondono al vero senso dell'art. 290 CP. In tutti i casi in cui un
pubblico ufficio, nell'esercizio delle sue mansioni, chiude con un segno
ufficiale e conformemente alla prevista procedura un locale, un armadio, un
pacco od altro per garantirne il contenuto o per conservarne l'identità,
esso dà al sigillo il carattere d'ufficialità ai sensi dell'art. 290
CP. Non importa quindi, contrariamente all'opinione del ricorrente,
che la chiusura ufficiale sia nel caso specifico esplicitamente prevista
dalla legge.

    Del resto, se è vero che il sistema della bolletta di cauzione,
e quindi della piombatura ufficiale, non è previsto in modo esplicito
per l'esportazione di merci svizzere, non si può negare che, giusta la
legge, spetta agli organi di dogana controllare le merci in uscita, sia
al fine del rilascio dell'attestazione per l'esonero dell'esportatore
dal pagamento dell'ICA, sia al fine di evitare che vengano esportate
merci proibite. Ora, se una pausa di qualsiasi natura viene inserita
in questa procedura, dev'essere riconosciuta all'organo doganale la
facoltà di adottare quei provvedimenti assicurativi che impediscano i
possibili abusi. Così, codesta autorità potrebbe, dopo il carico della
merce in una carrozza ferroviaria destinata all'estero e impossibilitata
a partire subito per motivi tecnici, piombare le porte e controllare,
prima della partenza del convoglio, l'integrità dei sigilli. Solo in tal
modo essa può assicurarsi che nessuna merce è stata tolta od aggiunta in
evasione dell'ICA o dei dazi. Fattore determinante è solo che i sigilli,
nell'ambito di questo provvedimento di per sè regolare, siano stati
applicati secondo le prescrizioni in vigore.

    Come è noto, allo scopo di facilitare le esportazioni,
l'amministrazione delle dogane ha, nel Cantone Ticino, esteso l'uso
delle bollette di cauzione anche alle merci di provenienza svizzera. Non
importa sapere se era autorizzata a farlo. Basta la decisiva circostanza
che l'ufficio doganale, nel caso di un'esportazione non immediata, deve
potere, attraverso l'applicazione di sigilli, assicurarsi che la merce
provvisoriamente dichiarata in uscita venga effettivamente e totalmente
esportata. Nella fattispecie, gli organi doganali di Chiasso hanno operato
la chiusura dei colli nell'ambito della loro funzione e al legittimo
scopo assicurativo sopra citato. Essi hanno legato i colli ed apposto i
piombi secondo la procedura prevista. Il carattere ufficiale di questa
chiusura è indiscutibile. A torto il ricorrente lo contesta. Asportando
i piombi ed aprendo i pacchi, Fasola si è quindi reso colpevole del
reato di rottura di sigilli. Egli non sarebbe punibile solo qualora la
chiusura fosse diventata senza scopo (ad es. a causa del già avvenuto
scarico della bolletta), oppure qualora la bolletta si sia estinta in
seguito alla scadenza del termine di validità (v., a proposito del caso
analogo di asportazione da una valigia d'una marca doganale divenuta
priva d'oggetto per l'avvenuto compimento delle operazioni doganali,
LOGOZ, Commentaire du Code pénal suisse, N. 3 all'art. 290, e il citato
riferimento ad HAFTER). Sennonchè, nella fattispecie, queste circostanze
non si avverano. Fasola ha in realtà infranto i sigilli e aperto i
pacchi prima di ricorrere all'ufficio doganale di Vacallo-Roggiana per
lo scarico delle bollette di cauzione. Egli ha rotto sigilli che avevano
ancora tutta la loro efficacia e tutto il loro valore.

Erwägung 2

    2.- (Esame della censura secondo cui il ricorrente non avrebbe compiuto
personalmente le operazioni criminose).

Erwägung 3

    3.- Un'ulteriore censura che Fasola muove alla Corte cantonale
riguarda il rifiuto di sospendergli condizionalmente la pena accessoria
d'espulsione dal territorio svizzero. Egli rimprovera alla precedente
istanza di non avere per nulla motivato tale rifiuto e di aver quindi
violato il diritto federale. Questa censura è fondata. A torto, infatti,
la Corte cantonale ha ritenuto che la pena d'espulsione non poteva essere
sospesa condizionalmente per il semplice fatto che questo beneficio
non poteva essere accordato alla pena principale. L'autorità cantonale
ha illegalmente ignorato che, giusta il nuovo testo dell'art. 41 CP,
la sospensione condizionale è ammissibile sia per le pene principali
che per quelle accessorie, purchè siano adempiuti i requisiti legali. A
seconda del caso, la sospensione condizionale può apparire giustificata
per la pena principale e non per quella accessoria. O viceversa. È altresì
possibile che, in base alle particolarità della fattispecie, si imponga
per entrambe le pene il medesimo risultato (v. sentenze inedite del 24
novembre 1952 nella causa Hagspiel c. Turgovia, del 31 ottobre 1957 nella
causa Varone c. Soletta, e del 17 settembre 1960 nella causa Immordina
c. Argovia; cfr. pure RU 86 IV 216). In tale ordine di idee, può darsi
che il carattere dell'autore, o la sua particolare personalità, siano
tali da vietare la sospensione condizionale a ciascuna pena inflitta: in
un simile caso, evidentemente, l'autorità cantonale potrebbe limitarsi ad
esporre una motivazione generale valida per entrambe le pene (v. sentenza
inedita del 28 novembre 1961 nella causa Fröhlicher c. Zurigo).

    In concreto, la situazione è tuttavia diversa. La sospensione
condizionale è stata rifiutata non sulla base di considerazioni generali,
ma per il fatto che la misura della pena privativa di libertà (tredici
mesi di detenzione) non l'avrebbe consentita. Questo modo di procedere
è corretto nella misura in cui si riferisce alla pena principale
(cfr. art. 41 num. 1 cpv. 1 CP). Ma è errato in quanto si riferisce alla
pena accessoria dell'espulsione dal territorio svizzero. La limitazione
oggettiva fissata dall'art. 41 num. 1 cpv. 1 CP vale infatti solo per
la pena di detenzione, non già per le pene accessorie: nei confronti
di queste ultime si applicano unicamente i criteri generali esposti
nei successivi capoversi della citata disposizione. Ciò corrisponde
del resto al vero senso dell'art. 41 CP, secondo cui occorre valutare
la sanzione che meglio si addice all'autore, e questo tanto per la
pena principale quanto per quella accessoria. Nè va dimenticato che
se l'inflizione d'una pena di cinque anni d'espulsione dal nostro
territorio era completemente giustificata nella fattispecie, non per
questo la Corte cantonale poteva esimersi dal valutare se convenisse
o meno sospenderla condizionalmente. Essa non poteva semplicemente
riferirsi alla durata della pena principale: il rifiuto del beneficio
della sospensione condizionale per la pena d'espulsione doveva essere
attentamente esaminato ed eventualmente motivato, dal momento che non
si davano considerazioni generali valide per entrambe le pene. La Corte
cantonale non ha proceduto in tal senso, sebbene vi fosse tenuta. Poichè
la possibilità della sospensione condizionale della pena accessoria non
appare, dopo tutto, esclusa, la causa viene rinviata alla precedente
istanza perchè decida su questo punto.

Entscheid:

                Il Tribunale federale pronuncia:

    Il ricorso è parzialmente accolto nel senso dei considerandi e la
causa è rinviata alla precedente istanza per nuovo giudizio sul quesito
della sospensione condizionale della pena accessoria d'espulsione.