Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 90 II 295



90 II 295

34. Estratto della sentenza 25 novembre 1964 della I Corte civile nella
causa Müller e consorti contro Canevascini Regeste

    Grundstückkauf, Art. 216 OR, Art. 2 ZGB.

    Unrichtige Angabe des Kaufpreises. In casu nach den Regeln von Treu
und Glauben unschädlicher Formmangel (Erw. 4, 5).

    Ein Wechsel der Rechtsprechung ist auch auf vorher eingetretene
Tatsachen anwendbar (Erw. 6).

Sachverhalt

    A.- L'11 settembre 1958 il signor Giacomo Müller vendette al dottor
Elio Canevascini parte del mappale nr. 132 sito nel comune di Gentilino
e precisamente mq 2044 di terreno, un portico, un pollaio e un rustico
annessi. Contemporaneamente venne concesso al compratore un diritto
di prelazione della durata di dieci anni sulla rimanente porzione del
mappale nr. 132. Nel contratto di compravendita venne indicato il prezzo
di fr. 23 463 pagato in contanti dal compratore alla firma dell'atto. In
realtà esso non rappresenta che il saldo del prezzo effettivo di fr. 52
000 incassato dal venditore mediante un ulteriore versamento operato
anteriormente alla stipulazione del contratto notarile.

    Giacomo Müller morì il 3 agosto 1960 lasciando quali eredi le attrici
qui ricorrenti.

    B.- Con petizione 30 gennaio 1961 queste ultime convennero in giudizio
il dott. Canevascini, allo scopo di ottenere l'annullamento della vendita
eseguita dal padre e la restituzione delle reciproche prestazioni. Esse
fecero valere che le condizioni personali del venditore (sordità,
arteriosclerosi, carattere instabile e capriccioso, scarsa conoscenza della
lingua italiana) gli avrebbero impedito di intravvedere gli svantaggi
di una vendita eseguita ad un prezzo notevolmente inferiore a quello
reale e che aveva provocato, attraverso una parcellazione irrazionale,
un pregiudizio alla rimanente proprietà. Il contratto era d'altronde già
da annullare a motivo della falsa attestazione del prezzo di vendita.

    Con sentenza 22 gennaio 1964 il Pretore di Luganocampagna respinse
l'azione, accogliendo l'eccezione dell'abuso di diritto sollevata dal
convenuto. Il 22 aprile 1964 il Tribunale di appello confermò il giudizio
di prima istanza.

    C.- Le attrici hanno impugnato la sentenza cantonale con un ricorso
per riforma, riproponendo sostanzialmente le domande già fatte valere
nelle sedi precedenti.

    Il convenuto chiede la reiezione del ricorso e la rifusione delle
spese.

Auszug aus den Erwägungen:

Considerando in diritto:

Erwägung 4

    4.- Secondo la giurisprudenza di questa Corte l'atto pubblico deve
menzionare tutti i punti essenziali della compravendita, segnatamente
l'intero ammontare del prezzo pagato, e ciò anche se parte della
prestazione del venditore venne corrisposta prima della stipulazione
dell'atto. Questa giurisprudenza, che ha preso avvio dalla sentenza 19
dicembre 1958 della Corte di cassazione penale (RU 84 IV 164), ha trovato
successiva ripetuta conferma (RU 86 II 37, 38, 230 c. 5, 260; 87 II 30)
ed è stata mantenuta anche di fronte a recenti critiche (RU 90 II 156). Il
mancato rispetto della forma prevista dall'art. 216 cpv. 1 CO rende nulla
la compravendita.

    Nel caso concreto, il prezzo di fr. 23 463 fatto figurare sul
contratto dell'11 settembre 1958 non corrisponde alla reale volontà delle
parti. Quello effettivamente voluto e pattuito di fr. 52 000 non venne
costatato per atto pubblico. La mancanza di una siffatta costatazione,
relativa ad un punto essenziale del negozio, ha come conseguenza la
nullità del contratto 11 settembre 1958.

    L'esattezza della citata giurisprudenza - invocata dalle attrici -
non è seriamente contestata dal convenuto.

    Quest'ultimo fonda per contro la propria resistenza sulla seguente
doppia argomentazione:

    a) allorchè venne stipulato il contratto di compravendita, non esisteva
ancora la giurisprudenza secondo cui l'atto è nullo allorchè esso si limita
ad indicare il residuo prezzo. Fino alla giurisprudenza in questione,
tale procedimento era sempre stato ritenuto valido. Un'applicazione
della nuova prassi a situazioni verificatesi in precedenza urterebbe
pertanto il principio della sicurezza giuridica e sarebbe fonte di
iniquità, permettendo di dichiarare nullo un contratto che sarebbe stato
riconosciuto valido qualora fosse stato impugnato prima dell'adozione
della nuova giurisprudenza;

    b) l'azione promossa dalle eredi del venditore costituirebbe
un manifesto abuso del proprio diritto. Fu il venditore a prendere
l'iniziativa della vendita ed a volere l'inscrizione nel contratto di
un prezzo inferiore a quello reale, nell'intento di ridurre gli oneri
fiscali a proprio carico. Il contratto fu da lui regolarmente adempiuto
nè egli agì, pur conoscendo la irregolarità del procedimento e pur avendo
vissuto l'aumento dei prezzi immobiliari, per far dichiarare la nullità
della compravendita.

Erwägung 5

    5.- Secondo gli accertamenti vincolanti dell'istanza inferiore fu il
venditore a volere che nell'istromento di compravendita figurasse un prezzo
inferiore a quello realmente pattuito, allo scopo di risparmiare un importo
di fr. 1500 sull'imposta del maggior valore immobiliare e di conseguire
il vantaggio derivante dalla sottrazione all'imposizione fiscale di un
capitale di quasi fr. 30 000. Le ricorrenti criticano tale accertamento,
negando che esso sia confermato dalle risultanze dell'incarto. A torto,
poichè la Corte cantonale ben poteva fondarsi su taluni indizi, come il
passo della testimonianza Hengge citato dal convenuto ed il fatto stesso
della simulazione del prezzo, calcolando, per il resto, l'ammontare
dell'imposta sottratta sulla base della propria conoscenza del diritto
cantonale. La critica è sostanzialmente diretta contro l'apprezzamento
delle prove e, pertanto, irricevibile. Il venditore intendeva altresì
evitare che un suo genero venisse a conoscenza del prezzo effettivamente
ricavato dalla vendita. Inoltre, quantunque sia sopravvissuto circa due
anni alla vendita, non risulta che abbia mai manifestato il proposito
di impugnare il contratto. L'azione fu dovuta alla sola iniziativa
delle eredi.

    La circostanza che, come in concreto, il contratto fu regolarmente
ed integralmente adempiuto, che la mancata menzione dell'intero prezzo
fu voluta dall'attore nel proprio interesse (anche se il compratore ne
fu pure avvantaggiato, avendo ad esempio avuto minori spese di registro,
cfr. RU 90 II 157 c. 2 c) e che la protezione dell'art. 216 cpv. 1 CO non è
invocata per lo scopo principale per il quale essa fu introdotta, ossia ai
fini di evitare che i contraenti abbiano ad impegnarsi affrettatamente ed
alla leggera (è accertato che il venditore aveva una perfetta conoscenza
del mercato immobiliare della zona, che il prezzo pattuito corrispondeva
al reale valore del terreno a quell'epoca mentre quello figurante
sull'istromento fu suggerito dallo stesso venditore perchè corrispondente
al valore pagato poco tempo prima dal comune di Gentilino in una procedura
di espropriazione) furono dalla giurisprudenza sempre ritenute idonee
e sufficienti a fondare, insieme, l'eccezione dell'abuso manifesto del
diritto opposta all'azione di nullità dell'atto (RU 50 II 147/148, 53 II
166, 72 II 43, 78 II 227-229, 86 II 232, 90 II 157). I casi nei quali
tale eccezione fu respinta presentavano una diversa fattispecie. Nelle
sentenze RU 53 II 296 c. 4, 54 II 331 c. 5, 71 II 106 c. 4, 84 II 375
c. 2, 641 c. 2, 86 II 261 c. 3, 90 II 25 c. 2 il contratto, tra l'altro,
non era ancora stato adempiuto oppure sussistevano contestazioni su gli
obblighi reciproci delle parti. Nelle sentenze RU 86 II 402 ss. e 87 II
31 ss. non erano provate, accanto al fatto dell'avvenuto adempimento,
altre circonstanze suscettibili di far ritenere manifestamente abusiva
l'invocazione del vizio formale. Nella sentenza RU 87 II 31, specialmente
citata dalle ricorrenti (a pag. 16 del ricorso erroneamente indicata
come 78 II 31), il Tribunale federale aveva rifiutato, ad esempio,
di prendere in considerazione la possibilità per l'attore di sottrarsi
parzialmente all'imposta sul maggior valore, per il motivo che secondo
il contratto tale imposta era dovuta dalle parti in ragione di metà
ciascuna. Nel giudizio RU 88 II 24 ss., pure particolarmente segnalato,
una parte si era resa colpevole di un vizio formale per una negligenza
rilevabile dall'altra parte. Il caso in esame è diverso. Esso presenta
difatti delle circostanze particolari che fanno ritenere giustificata
la conclusione delle istanze cantonali secondo cui l'azione deve essere
respinta per manifesto abuso del diritto.

    Il contratto venne liberamente e correttamente adempiuto (ciò
che costituisce pur sempre un elemento di grande importanza ai fini
del giudizio, anche qualora non si voglia considerarlo decisivo, come
propone ad esempio MERZ, ZBJV 1961 pag. 410-413 e 1962 pag. 458-459;
Kommentar art. 2 ZGB N. 461-510 segnatamente N. 466, 469, 475/476,
485/495), la mutazione a registro fondiario fu regolarmente eseguita
nè il venditore espresse, fintanto che rimase in vita e nonostante
avesse altresì concesso un diritto di prelazione sulla parte residua
del proprio fondo, un segno qualsiasi di dissenso. La dissimulazione di
parte del prezzo fu da lui voluta e suggerita per scopi suoi personali,
tra cui quello di ridurre i non indifferenti oneri fiscali, proponendo,
a maggior verosimiglianza, l'iscrizione di un prezzo pagato poco prima
in una procedura di espropriazione ed evitando (ciò che dimostra, come
giustamente osserva il convenuto, la consapevolezza dell'irregolarità del
procedimento seguito) la consegna di una ricevuta per l'acconto pagato
prima della firma del contratto.

    Non è ammissibile, come venne già dichiarato nella sentenza RU 50 II
148, che una parte abbia a sfruttare a danno dell'altra un vizio di forma,
deliberatamente voluto ed accettato, chiedendo (il venditore nel caso
di aumento dei valori immobiliari, il compratore nel caso di flessione)
la revocazione di una compravendita regolarmente e liberamente adempiuta,
per il solo motivo che un mutamento nella congiuntura economica ha mostrato
che il medesimo negozio attualmente (non all'epoca della stipulazione
impugnata) potrebbe essere concluso a condizioni più favorevoli.

    Non occorre, come sembrano sostenere le ricorrenti, che il venditore
abbia agito dolosamente, ossia abbia voluto la falsa attestazione nel
preordinato intento di invocare più tardi la nullità dell'atto. Semmai
ciò costituirebbe una ragione sicura e decisiva per ammettere l'abuso di
diritto. È non importa che, non essendo ancora intervenuto a quell'epoca
il mutamento di giurisprudenza, non potesse immaginare che l'indicazione
sull'istromento del solo saldo del prezzo costituisse una causa di nullità
dell'atto. Egli, secondo gli accertamenti cantonali, prese l'iniziativa
per un procedimento che sapeva irregolare ma che gli procurava determinati
vantaggi. Portò a termine l'operazione di compravendita a condizioni
a quel tempo normali e sulle quali non ebbe mai a ritornare. Ciò deve
bastare per impedire agli eredi di invocare l'irregolarità da lui voluta,
fosse la stessa a quell'epoca fonte di nullità o meno.

Erwägung 6

    6.- La tesi del convenuto, secondo cui i principi stabiliti dalla
giurisprudenza non possono essere applicati retroattivamente, non potrebbe
invece essere comunque condivisa.

    È esatto, ed il Tribunale federale ebbe già a rilevarlo (RU 56 I 442
in fondo), che l'abbandono di una prassi costante presenta delle analogie
con una modifica legislativa. In quest'ultimo caso, agli inconvenienti
che ne derivano è rimediato con l'applicazione del principio della
non-retroattività della nuova norma.

    Nel cambiamento di giurisprudenza il principio della sicurezza
giuridica entra sempre in conflitto con il superiore principio della
ricerca della giustizia materiale. La giurisprudenza relativa all'art. 4
CF esige pertanto che tale cambiamento trovi giustificazione in un riesame
approfondito della questione ed in motivi seri ed oggettivi (RU 49 I 301,
80 I 323, 86 I 326, 89 I 90, 296 in fondo, 303, 428, 458).

    L'adozione della tesi del convenuto condurrebbe praticamente a negare
la possibilità di un qualsiasi cambiamento di giurisprudenza. Difatti,
mentre una norma legislativa (e quindi anche una nuova norma) mantiene
un carattere generale e non è riferita ad una concreta fattispecie,
la sentenza del giudice è sempre decisione di un caso concreto e,
per necessità logica, di un caso già verificatosi e compiuto nei suoi
elementi di fatto prima dell'emanazione della sentenza. Il cambiamento
di giurisprudenza riguarda necessariamente fattispecie adempiute prima
di tale cambiamento, vale a dire in un'epoca in cui valeva la precedente
giurisprudenza.

    Pretendere che un cambiamento giurisprudenziale limiti la propria
efficacia ai fatti sorti posteriormente alla sua enunciazione,
significa esigere che esso sia preannunciato alla stessa maniera di
una norma legislativa ed all'infuori della soluzione di una concreta
controversia. Ciò sarebbe incompatibile con la struttura e la funzione dei
tribunali. Nel caso in esame, il fatto che all'epoca della stipulazione
del contratto fosse ancora valida la precedente giurisprudenza, può, al
massimo, liberare le parti dal rimprovero di averlo firmato consapevoli
della sua nullità (non però della sua irregolarità, poichè è irregolare
dichiarare nell'istromento che il prezzo, ossia la prestazione del
compratore, "viene fissato in fr. 23 463.--", quando esso ammontava invece
a fr. 52 000).