Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 115 III 18



115 III 18

5. Estratto della sentenza 17 marzo 1989 della Camera delle esecuzioni
e dei fallimenti nella causa X. contro Y. (ricorso) Regeste

    Nichtigkeit der Betreibung wegen Rechtsmissbrauchs (Art. 2 Abs. 2 ZGB).

    1. Auf Nichtigkeit einer Betreibung wegen Rechtsmissbrauchs kann
nur in Ausnahmefällen erkannt werden, nämlich wenn es offensichtlich
ist, dass der Gläubiger mit der Betreibung Ziele verfolgt, die nicht das
geringste mit der Zwangsvollstreckung zu tun haben, im vorliegenden Fall,
um den Betriebenen zu bedrängen.

    2. Die Zustellung von vier Zahlungsbefehlen innert fünfzehn Monaten,
die sich auf dieselbe Forderung von insgesamt Fr. 775'000.-- stützen,
erscheint - da der Gläubiger nie Rechtsöffnung verlangt oder die
Forderung gerichtlich durchzusetzen versucht hat - grundsätzlich als
rechtsmissbräuchlich. Liegt im konkreten Fall kein Rechtsmissbrauch
vor? Frage offengelassen, da der Rekurrent sich darauf beschränkt hat,
den eigenen bösen Glauben zu bestreiten, ohne indessen einen Umstand
geltend zu machen, der geeignet wäre, den Vorwurf rechtsmissbräuchlichen
Handelns zu widerlegen.

Sachverhalt

    A.- X. ha fatto notificare a Y., fra il 23 aprile 1986 e il 31
luglio 1987, quattro precetti esecutivi per complessivi Fr. 775'000.--.
Causa del credito era un risarcimento danni e un'indennità per torto
morale in seguito a presunti illeciti commessi dal debitore, che rifiutava
di licenziare la moglie del procedente, sua impiegata. Y. ha sollevato
opposizione a ogni precetto, tranne al secondo, la cui opposizione è stata
giudicata tardiva dall'autorità di vigilanza. Y. ha proposto all'Ufficio
di esecuzione di non dar seguito ugualmente a tale precetto. L'Ufficio
ha risposto di non poter aderire all'invito e il 9 ottobre 1987, su
istanza di X., ha emesso l'avviso di pignoramento. Insorto all'autorità
di vigilanza, Y. ha chiesto che l'esecuzione (n. 36286) fosse annullata
per abuso di diritto.

    B.- Un anno dopo, il 12 dicembre 1988, X. ha fatto notificare a Y. un
quinto precetto, di Fr. 250'000.--, sempre per la medesima causa ("terzo
acconto"). L'escusso ha sollevato opposizione e ha introdotto reclamo
contro l'emissione - a suo parere abusiva - del precetto (n. 69268). Il
30 dicembre 1988 X. ha promosso una causa ordinaria davanti al Pretore del
Distretto di Lugano per ottenere l'accertamento del credito (Fr. 250'000.--
con interessi). Intanto, con giudizio unico del 3 febbraio 1989, l'autorità
di vigilanza ha accolto i reclami del debitore e annullato le esecuzioni
n. 36286 e 69268 per abuso di diritto.

    C.- X. ha presentato il 23 febbraio 1989 un ricorso alla Camera
delle esecuzioni e dei fallimenti del Tribunale federale in cui chiede
che i reclami di Y. siano respinti. Il Tribunale federale non ha disposto
scambi di allegati.

Auszug aus den Erwägungen:

                       Dai considerandi:

Erwägung 3

    3.- Nel merito il creditore ritiene che l'autorità di vigilanza abbia
statuito due volte (e in maniera contraddittoria) sull'esecuzione n. 36286,
che l'annullamento delle due procedure per abuso di diritto è un artificio
estraneo alla legge, che l'autorità di vigilanza non può sostituirsi al
giudice ordinario ed esaminare il fondamento della pretesa avanzata dal
creditore nemmeno ove la medesima sembri dubbia, che il comportamento
(foss'anche discutibile) di una parte non deve influire sull'applicazione
del diritto, che - a ogni buon conto - il credito in rassegna trova origine
nel "danno morale e materiale" dovuto allo "sfruttamento economico della
moglie" e alla perizia psichiatrica subita dal ricorrente stesso in
esito alle denunce penali del debitore. Per quanto attiene al precetto
esecutivo n. 69268, esso non denoterebbe abuso di sorta; tale problema,
inoltre, potrebbe essere esaminato solo dal Pretore chiamato a giudicare
l'azione ordinaria del 30 dicembre 1988, non dall'autorità competente
a vigilare l'esecuzione forzata, tanto più che la litispendenza della
causa civile dimostrerebbe la volontà di non inviare alla controparte
"precetti esecutivi solo per il gusto di inviarli", ma per assicurare
l'incasso di una legittima pretesa.

    a) Il rimprovero mosso alla corte cantonale di aver statuito due
volte sullo stesso oggetto (ne bis in idem) è ricevibile, l'eccezione di
cosa giudicata costituendo un tema di diritto federale (DTF 109 II 439,
29 consid. 2a con richiami; cfr. anche DTF 110 II 356 consid. 1c). La
critica tuttavia dev'essere respinta. Nella sentenza del 1o settembre
1987 la corte si era limitata - come il procedente riconosce - a vagliare
la tempestività dell'opposizione sollevata dall'escusso; a carico del
creditore non aveva ancora scorto gli estremi dell'abuso. Rimane da
chiarire se nel secondo giudizio la questione dell'abuso potesse essere
esaminata e se l'abuso di diritto sia stato ravvisato con pertinenza.

    b) Il Tribunale federale ha già avuto modo di precisare che non
spetta all'Ufficio di esecuzione né all'autorità di vigilanza decidere
se la pretesa avanzata dal creditore sia provvista di buon fondamento
o sia fatta valere a giusto titolo: è, quindi, "praticamente escluso"
che il creditore ottenga in maniera abusiva l'emanazione di un precetto
(DTF 113 III 3 consid. 2b e rinvii). Ciò non significa che l'ipotesi non
possa verificarsi: la giurisprudenza ha accennato all'esempio del creditore
che procede ripetutamente in via esecutiva contro una persona nel solo
intento di rovinarne il buon nome e si è anche posta - senza risolverlo -
il quesito di sapere se non cada nell'abuso il precettante che ammetta di
fronte all'Ufficio o all'escusso medesimo di non agire verso il debitore
effettivo (loc.cit.). Certo, l'Ufficio non deve sostituirsi in alcun modo
al giudice ordinario, non può esigere spiegazioni sulla natura della
pretesa e non può rifiutarsi di emettere un precetto o di continuare
un'esecuzione neppure ove la causa del credito gli sembri assurda: esso
deve limitarsi a intervenire nelle evenienze, del tutto eccezionali,
in cui è manifesto che l'interessato abusi dei propri mezzi per scopi
che non hanno la minima attinenza con l'istituto dell'esecuzione, in
specie per angariare deliberatamente l'escusso. Le tesi del creditore,
stando al quale è impossibile che l'autorità di vigilanza (o l'Ufficio)
possa considerare abusi di sorta, mancano dunque di fondamento.

    c) La corte cantonale ha espresso la convinzione che le due procedure
esecutive n. 36286 e 69268 "costituiscono un caso emblematico di abuso di
diritto", in cui il movente vessatorio è di tutta evidenza proprio perché
non persegue altro fine se non l'offesa al credito della vittima. Si
è richiamata, in proposito, agli addebiti penali formanti un atto di
accusa promulgato il 13 gennaio 1987 a carico del procedente, alle missive
polemiche che questi ha inviato al debitore, a una perizia psichiatrica
ordinata dall'autorità penale nel 1986, alla causa del credito indicata
nei vari precetti esecutivi, al tenore di una petizione introdotta il
25 agosto 1987 contro l'escusso (respinta al mittente dal Pretore), al
contenuto delle osservazioni formulate in sede cantonale dal precettante e
all'"assoluta inconsistenza delle pretese creditorie". Simili constatazioni
vincolano il Tribunale federale (art. 81 con rimando all'art. 63 cpv. 2
OG). V'è da domandarsi nondimeno in che misura esse siano di rilievo per il
giudizio, la corte non specificando se i citati atti giudiziari civili o
penali, i rapporti di polizia o la corrispondenza intercorsa fra le parti
fossero noti anche all'Ufficio di esecuzione. Mal si comprenderebbe in
realtà come imputare all'Ufficio il torto di non aver reagito a un abuso
del creditore nel caso in cui l'Ufficio, che non aveva alcuna facoltà
di indagare sull'origine del credito, non potesse supporre estremi
del genere. Decisivi sono, in sintesi, gli elementi di cui disponeva
l'Ufficio il 6 ottobre 1987, quando il creditore ha chiesto di continuare
l'esecuzione n. 36286, rispettivamente il 7 dicembre 1988, quando è stata
promossa l'esecuzione n. 69268. Occorre appurare se, nei termini in cui
è posta, la controversia sull'esistenza dell'abuso esiga un rinvio della
causa all'autorità cantonale perché completi gli accertamenti e decida
di nuovo (art. 81 combinato con l'art. 64 cpv. 1 OG).

    d) È pacifico che, a prescindere dalle circostanze appena evocate,
il 6 ottobre 1987 risultavano essere state avviate dinanzi all'Ufficio
di esecuzione, nell'intervallo di un anno e tre mesi, quattro procedure
ordinarie per complessivi Fr. 775'000.--. I precetti sono muniti di
opposizione, salvo il secondo, la cui opposizione è stata dichiarata
tardiva dall'autorità di vigilanza. La causa del credito è, per sommi
capi, sempre la stessa: risarcimento del danno e indennità per torto
morale in seguito a presunti illeciti compiuti dall'escusso, che
rifiutava di licenziare la moglie del procedente, sua impiegata. Di
nessuna opposizione valida il creditore ha mai chiesto il rigetto, né
ha mai promosso azione contro il debitore, tranne il 25 agosto 1987 con
un memoriale che il Pretore di Lugano ha ritenuto inammissibile e che
non è più stato riproposto. L'11 settembre 1987 il debitore ha pregato
l'Ufficio di non intimargli altri atti esecutivi perché il procedente
accampava crediti fantasiosi solo per importunarlo. Tale segnalazione
sollecitava l'Ufficio a considerare - ove non se ne fosse accorto -
l'eventualità di un abuso e a verificare se il creditore facesse capo in
modo serio alla procedura esecutiva o approfittasse palesemente della
medesima per esasperare una persona con precetti di importi ingenti,
lasciati poi estinguere. È vero che il 6 ottobre 1987 il creditore si è
limitato a chiedere il proseguimento della seconda esecuzione e che una
doppia esecuzione per lo stesso credito non basta in sé a prospettare un
atto illecito (DTF 26 I 516 supra): a giusta ragione quindi l'autorità di
vigilanza non aveva ancora ravvisato estremi di illegalità con la sentenza
del 1o settembre 1987. L'Ufficio sapeva tuttavia che nel frattempo,
sull'arco di quindici mesi, il creditore aveva iniziato altre due procedure
per Fr. 500'000.--, fondate su una causa del credito pressoché identica,
senza intraprendere più nulla in seguito. Il ricorrente eccepisce di non
aver inviato precetti esecutivi "solo per il gusto di inviarli", ma non
nega che il cumulo degli indizi suffragava l'impressione contraria: che,
cioè, egli reiterava con i precetti non per incassare crediti, ma per
irritare l'escusso e lederne la disponibilità economica riscuotendo se
possibile - senza chiedere il rigetto dell'opposizione o adire il giudice
ordinario - somme elevate. Ciò è suscettibile di raffigurare un manifesto
abuso di diritto (cfr. DTF 10 pag. 576) e doveva far desistere l'Ufficio
dall'agire in via di pignoramento. Al riguardo il creditore non adduce
nulla di concreto che possa smentire l'impressione di malafede e non si
legittima dunque di ritrasmettere la causa all'autorità di vigilanza.

    Il quinto precetto esecutivo, notificato il 12 dicembre 1988
(n. 69268), non comporta di per sé alcun abuso. Il ricorrente non
contesta però che la malafede può emergere con chiarezza se il precetto
è messo in rapporto con gli altri quattro: stesso importo, stessa
giustificazione del credito ("terzo acconto"), nessuna richiesta di rigetto
dell'opposizione. Questa volta il precetto è stato seguito, per vero, da
una causa ordinaria intesa all'accertamento del credito (Fr. 250'000.--
con interessi). Ma a parte il fatto che tale procedura sembra essere
stata introdotta proprio per evitare il biasimo di non aver mai voluto
adire il giudice nelle occasioni pregresse (è difficile capire altrimenti
perché il creditore chieda solo l'accertamento del "terzo acconto"),
la causa civile non riabilita il contegno del creditore e non infirma
il convincimento che questi abbia continuato a servirsi dell'Ufficio
di esecuzione per scopi vessatori. Ciò non significa che l'introduzione
della procedura civile costituisca a sua volta un abuso e che dunque la
sentenza odierna esplichi, come assevera il ricorrente, conseguenze di
diritto sostanziale: anzitutto il giudizio odierno riguarda solo le due
esecuzioni annullate (cfr. DTF 105 III 110 consid. 1b); in secondo luogo,
l'abuso della via esecutiva non preclude al creditore il diritto di far
accertare la reale fondatezza del credito davanti al giudice civile,
giacché - come si è ripetuto - non compete all'Ufficio di esecuzione né
all'autorità di vigilanza pronunciarsi in merito.

    Nella misura in cui la asserita inesistenza dell'abuso forma oggetto
di litigio e non solo di generica contestazione (art. 79 cpv. 1 OG;
v. per analogia DTF 106 II 175), il gravame si rivela perciò votato
all'insuccesso. La questione di sapere se il cumulo di tutti gli indizi
citati basti realmente - oltre che in linea di principio - a dimostrare un
abuso può rimanere aperta: il creditore non discutendo l'argomentazione
dell'autorità di vigilanza, il Tribunale federale potrebbe esaminare il
problema d'ufficio solo nel caso in cui la nullità delle due esecuzioni
violasse norme giuridiche imperative (DTF 112 III 4 in fine, 105 III 70
consid. 2). Ora, si è spiegato che l'inefficacia di esecuzioni promosse in
urto con la buona fede è di per sé possibile (consid. 3b). Il Tribunale
federale non può quindi statuire di propria iniziativa.