Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 113 II 37



113 II 37

8. Sentenza 20 gennaio 1987 della I Corte civile nella causa Federazione
Svizzera Lavoratori Metallurgici e Orologiai contro società anonima X. e
società anonima Y. (ricorso per riforma) Regeste

    Gesamtarbeitsvertrag: Beitritt einer Minderheitsgewerkschaft (Art. 356
Abs. 4 und 356b Abs. 1 OR).

    Die an einem Gesamtarbeitsvertrag beteiligten Parteien können
sich nicht auf die Vertragsfreiheit berufen, um eine die Arbeitnehmer
ausreichend vertretende Minderheitsgewerkschaft ohne berechtigtes Interesse
daran zu hindern, dem Vertrag beizutreten.

Sachverhalt

    A.- Il 1o aprile 1981 è stato concluso tra le società anonime X. e
Y. da un lato, l'Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese e i Sindacati
Indipendenti Ticinesi dall'altro, un contratto collettivo di lavoro. La
Federazione Svizzera Lavoratori Metallurgici e Orologiai (FLMO) ha chiesto
il 21 novembre 1984 di intervenire nelle trattative per il rinnovo del
contratto e di poter sottoscrivere il futuro accordo. L'Organizzazione
Cristiano Sociale Ticinese e i Sindacati Indipendenti Ticinesi hanno
acconsentito. Le due società hanno respinto invece la proposta. Il
contratto collettivo è stato rinnovato nel 1984.

    B.- La FLMO si è rivolta il 9 aprile 1985 all'Ufficio di conciliazione
del Cantone Ticino, istituito in virtù della legge federale sul lavoro
nelle fabbriche (RS 821.41), e l'11 aprile ha convenuto le due ditte
davanti al Pretore della giurisdizione di Locarno-Campagna. Il 30 gennaio
1986 l'Ufficio di conciliazione ha chiuso la procedura e constatato che
le due imprese rifiutavano di transigere affermando di garantire già
agli associati della FLMO una situazione identica a quella dei lavoratori
aderenti ai sindacati firmatari del contratto collettivo. Da parte sua il
Pretore, con pronunzia del 18 febbraio 1986, ha respinto l'azione evocando
il testo dell'art. 356b cpv. 1 CO e la libertà contrattuale delle due
ditte, che non potevano essere obbligate a stringere un accordo con la
FLMO per il solo fatto di applicare il contratto collettivo all'insieme
dei dipendenti. La II Camera civile del Tribunale di appello del Cantone
Ticino ha confermato il giudizio di primo grado il 4 giugno 1986.

    C.- Insorta al Tribunale federale con un ricorso per riforma, la FLMO
propone che la sentenza di appello sia annullata e che le sia riconosciuto
il diritto di aderire al noto contratto collettivo. Le società anonime
X. e Y. hanno concluso per il rigetto di ogni censura.

Auszug aus den Erwägungen:

                   Considerando in diritto:

Erwägung 2

    2.- Le cause civili relative a diritti di carattere non pecuniario sono
deferibili al Tribunale federale con ricorso per riforma giusta l'art. 44
OG. V'è da domandarsi se una vertenza concernente la partecipazione di un
sindacato minoritario a un contratto collettivo (l'eventuale partecipazione
del sindacato alle trattative di rinnovo è ormai senza oggetto), implicando
la tutela della personalità del sindacato stesso e dei suoi membri (art. 28
CC), non sia già per questa circostanza priva di carattere pecuniario
(cfr. DTF 110 II 413 consid. 1, 102 II 307 consid. 1, 165 consid. 1
con rinvii). Ora, anche volendo scorgere nella controversia un semplice
dissidio sull'accertamento di una pretesa, la qualificazione giuridica non
muta. Intanto il sindacato fa valere un suo proprio diritto di firma, di
per sé non pecuniario. Inoltre, pur ammettendo ch'esso persegua con tale
mezzo vantaggi materiali per gli affiliati (sulla nozione dell'art. 44
OG: DTF 108 II 77), ciò non basta a ravvisare la difesa di interessi
pecuniari. Secondo giurisprudenza infatti un'associazione professionale,
quantunque protegga interessi finanziari dei suoi membri, non ha un
fine economico ed è compatibile con l'art. 60 cpv. 1 CC se non esercita
personalmente un commercio (DTF 90 II 333). Detta soluzione appare ancor
più giustificata nel caso in esame, ove gli aderenti al sindacato non
ritraggono alcun beneficio economico da un'eventuale vittoria in lite,
fruendo già oggi di condizioni salariali e lavorative pari a quelle degli
operai iscritti a uno dei sindacati partecipanti al contratto.

Erwägung 3

    3.- Un processo sulla validità o la portata di un diritto indivisibile
dev'essere rivolto contro l'intera comunità contrattuale; le parti, in
altri termini, vanno tutte convenute in giudizio, a meno che figurino
tra gli attori (DTF 89 II 429, 97 II 205 consid. 3). La ricorrente ha
promosso la causa attuale solo contro le due ditte imprenditrici poiché
i sindacati firmatari avevano dichiarato formalmente di non opporsi
alla pretesa. Ciò è senza dubbio corretto (v. DTF 100 II 441 consid. 1
con richiami). È inutile chiarire quindi se, nel caso in cui i sindacati
firmatari si fossero opposti, l'attrice avrebbe potuto chiedere ugualmente
l'adesione al contratto o solo la stipulazione di un contratto identico
con le due società interessate.

Erwägung 4

    4.- Nessuna disposizione espressa conferisce a un sindacato il diritto
di firmare un contratto collettivo di lavoro al quale non è parte.
L'art. 356 cpv. 4 CO stabilisce unicamente che se più associazioni di
datori di lavoro o, dall'altra parte, più associazioni di lavoratori sono
vincolate al contratto collettivo per averlo conchiuso o per avervi, con
l'assenso delle parti, aderito ulteriormente, esse stanno fra loro in un
rapporto di diritti e obblighi uguali. L'art. 356b cpv. 1 CO dispone che
singoli datori di lavoro o singoli lavoratori al servizio di un datore
di lavoro vincolato possono, con l'assenso delle parti, sottoscrivere il
contratto collettivo e divenire datori di lavoro o lavoratori vincolati,
ma non limita l'autonomia della volontà e non specifica se sia possibile
superare l'opposizione di un firmatario. La legge federale concernente il
conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di
lavoro, del 28 settembre 1956 (RS 221.215.311), concede alle associazioni
di datori di lavoro o di lavoratori che dimostrano un interesse legittimo
e offrono garanzie sufficienti per l'osservanza del contratto collettivo
la facoltà di aderire al medesimo con diritti e obblighi uguali rispetto
alle associazioni contraenti (art. 2 n. 6); tale legge però si applica
solo ai contratti collettivi cui l'autorità ha attribuito carattere
obbligatorio generale giusta l'art. 34ter cpv. 2 Cost., premessa che in
concreto fa difetto.

    La ricorrente sostiene che il giudizio cantonale discrimina un
sindacato minoritario, comporta una pressione indebita sugli aderenti
e un attentato alla loro libertà di associazione indebolendo l'immagine
del sindacato ai loro stessi occhi. È necessario esaminare pertanto se il
diritto positivo, segnatamente la buona fede (art. 2 CC) e la protezione
della personalità (art. 28 CC; cfr. DTF 107 Ia 280 consid. 3a) cui la
ricorrente accenna, permettano di imporre ai firmatari di un contratto
collettivo l'obbligo di accettare l'ingresso di un'altra associazione
nella comunità contrattuale.

    a) La sentenza di principio DTF 74 II 158, emanata il 25 maggio 1948,
ha confermato il rigetto dell'azione con cui un sindacato estraneo a un
contratto collettivo di lavoro intendeva far dichiarare nulle le adesioni
individuali dei propri membri siccome contrarie alla legge, ai buoni
costumi e alla tutela della personalità. Il Tribunale federale ha precisato
allora che nessuno può essere tenuto a stipulare un contratto collettivo
di lavoro né pretendere di esser parte a negoziazioni preliminari; la
libertà contrattuale autorizza a scegliere se, con chi e come accordarsi
tanto da una parte quanto dall'altra, senza distinzione tra sindacati di
maggioranza o di minoranza (consid. 3a e 3b). Simile libertà ha invero
i propri limiti negli scopi intrinseci del contratto collettivo. Il
datore di lavoro o l'organizzazione padronale che dovesse rifiutare,
senza motivo ragionevole, di discutere con un sindacato la possibilità
di siglare un contratto collettivo nel palese intento di compromettere
la situazione dei lavoratori e di procurarsi un vantaggio commetterebbe
un atto illecito e contrario ai buoni costumi. Estremi del genere non si
verificavano nel caso precipuo (consid. 3c e 3d).

    La successiva sentenza DTF 75 II 305, del 13 settembre 1949, riguardava
l'azione congiunta di un lavoratore appartenente a un sindacato non
firmatario e del sindacato medesimo, che avversavano i contributi riscossi
sullo stipendio sia degli operai estranei al contratto sia dei membri
delle associazioni aderenti. Il Tribunale federale ha accolto in parte
il ricorso per riforma degli attori e ridotto l'ammontare del prelievo
gravante la manodopera non affiliata al contratto. Ha rilevato, in tale
circostanza, che l'eventualità di far dichiarare il contratto collettivo
di obbligo generale non preclude ai firmatari altri mezzi (pressione sui
dissidenti per indurli a sottoscrivere il contratto) in vista di ottenere
lo stesso risultato (consid. 5). Il cosiddetto obbligo di fedeltà,
ovvero l'obbligo assunto dai datori d'impiego e dagli operai nel senso
di stipulare contratti di lavoro soltanto con operai e datori d'impiego
che riconoscono il contratto collettivo, è legittimo, così come legittimi
sono il boicottaggio economico e - di massima - i contributi imposti ai non
affiliati (consid. 6, 7 e 8). Un'associazione professionale inoltre non può
rivendicare il diritto di concludere o di negoziare contratti collettivi,
salvo che il rifiuto a lei opposto sia destituito di ragioni valide e tenda
a indebolire la parte economicamente già meno forte eludendo la funzione
protettrice del contratto collettivo; né il principio dell'uguaglianza
davanti alla legge impediva, come postulato morale e giuridico, che nel
caso in rassegna gli organi esecutivi del contratto fossero costituiti da
esponenti dell'unico sindacato firmatario, essendo questo disponibile ad
accordare un diritto di partecipazione agli altri sindacati non appena
gli stessi avessero raggiunto una congrua entità numerica, le minoranze
importanti avendo diritto in ogni modo di essere rappresentate (consid. 9).

    Il messaggio del 29 gennaio 1954 che illustra il disegno di legge
federale concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale al
contratto collettivo di lavoro (FF edizione francese o tedesca 1954 I 125)
menziona le difficoltà di elaborare un criterio comune per distinguere
con chiarezza dove l'adesione dei dissidenti al contratto collettivo
sia sollecitata da spinte economiche e dove invece sia l'esito di
manovre illecite. Il Consiglio federale ha preferito lasciare il
compito al giudice aggiungendo che ci si sarebbe potuti aspettare,
in seguito a una modifica della giurisprudenza sul boicottaggio, una
nuova prassi dei tribunali ove i metodi usati dalle varie associazioni
presentassero analogie con un sistema del genere (pag. 140). Data la
materia "ancora troppo fluida" il Consiglio federale ha rinunciato a
sancire l'illiceità di clausole, accordi o misure vietanti a chi firma un
contratto collettivo la stipulazione di intese con terzi, sottolineando
che a tutte le associazioni dev'essere garantita la libertà contrattuale,
ovvero la possibilità di definire, attraverso convenzioni collettive,
norme applicabili ai datori di lavoro e ai lavoratori vincolati. Certo,
non sarebbe compatibile con l'idea fondamentale del contratto collettivo
che un'associazione si valesse della propria forza per sottrarre lo stesso
diritto ad altre associazioni (pag. 141). Se non che, pur dichiarando
invalide le clausole, gli accordi e le misure che inibirebbero la libertà
contrattuale, i risultati sarebbero dubbi ove non si prevedesse anche il
diritto di aderire a un contratto esistente e, come corollario, l'obbligo
di trattare. Un'ipotesi siffatta non entrava però in linea di conto e
nemmeno era auspicata da una preponderanza di sindacati minoritari.

    La giurisprudenza in materia di boicottaggio ha conosciuto da
quell'epoca un'evoluzione notevole. In DTF 82 II 299 consid. 3 il
Tribunale federale ha confermato che, sebbene lecito, il boicottaggio
diviene inaccettabile quando il suo scopo o i mezzi cui fa capo sono
illegali o contrari ai buoni costumi oppure si crei una sproporzione
manifesta tra l'utile ridondante all'autore e il pregiudizio arrecato
alla vittima; un boicottaggio simile lederebbe i buoni costumi e la
personalità del danneggiato. In DTF 86 II 374 consid. 4, con un cambiamento
di prassi, il boicottaggio è stato definito illegittimo per principio
siccome contrario al diritto della personalità nel libero esercizio di
un'occupazione economica; un'eccezione si giustifica solo ove, mediante
il boicottaggio, si difendano interessi legittimi e prevalenti che non
possono essere salvaguardati in altro modo. Entrambe le sentenze ripetono,
comunque sia, che l'obbligo di accogliere il boicottato nell'ambito della
relativa organizzazione può costituire un mezzo per porre fine all'illecito
(DTF 90 II 344 consid. 6c).

    Il 20 dicembre 1962 è stata varata la legge federale su i cartelli e
le organizzazioni analoghe (RS 251), che in caso di ostacoli indebiti alla
concorrenza permette al giudice di ordinare, su domanda dell'attore, lo
svincolo dagli obblighi imposti dal cartello e, se necessario, l'ammissione
nel cartello o nell'associazione con i relativi diritti e obblighi (art. 6
cpv. 2). La legge nondimeno è inapplicabile a contratti, decisioni e
provvedimenti che concernono rapporti di lavoro (art. 1 seconda frase).

    b) Le relazioni tra i firmatari di un contratto collettivo di lavoro e
gli estranei, il nesso che esiste cioè tra la libertà contrattuale delle
parti e il diritto del terzo al rispetto della propria personalità (la
tutela della personalità dei contraenti finisce ove comincia quella del
terzo), è evocata in dottrina a proposito soprattutto della pressione
che è lecito esercitare sui dissidenti per farli aderire alla normativa
contrattuale (TSCHUDI, Gesamtarbeitsvertrag und Aussenseiter, in:
Wirtschaft und Recht 5/1953 pag. 37 segg.; LUSSER, Untersuchungen zum
Gesamtarbeitsvertragsrecht, tesi, Berna 1957, pag. 43 segg.; BERENSTEIN,
Exclusivité syndicale et champ d'application des conventions collectives
en Suisse, in: Revue internationale du travail 85/1962 pag. 111
segg.; RENTSCH, Über den Geltungsbereich des Gesamtarbeitsvertrages
unter besonderer Berücksichtigung des Berufsverbandsprinzips und des
Industrieverbandsprinzips, tesi, Zurigo 1974, pag. 72 segg.; BOIS,
Le champ d'application des conventions collectives de travail, in:
Statica e dinamica del diritto nella giurisprudenza del Tribunale federale
svizzero, Raccolta offerta al Tribunale federale dalle Facoltà giuridiche
svizzere in occasione del suo centenario, Basilea 1975, pag. 443 segg.;
HAUSHEER, Die Allgemeinverbindlicherklärung von Kollektivverträgen
als gesetzgeberisches Gestaltungsmittel, in: RDS 1976 II 324 segg.;
KURT MEIER, Privatrechtlicher Schutz gegen Koalitionszwang, in:
EKONOMI/REHBINDER, Gegenwartsprobleme der Koalitionsfreiheit, Berna
1979, pag. 87 segg.). Per quanto riguarda la questione, invece, di chi
rimane escluso dal contratto, VISCHER osserva che il rifiuto abusivo di
accogliere lavoratori o sindacati nel quadro di un contratto collettivo
non può essere protetto e, richiamando la parità di trattamento e
la libertà di associazione (attributi del diritto alla personalità)
spettanti a lavoratori e sindacati, sostiene - in estrema sintesi -
che un'organizzazione minoritaria, rappresentativa e leale dovrebbe
essere abilitata, su sua richiesta, a firmare un contratto collettivo
esistente; tenuto conto altresì del ruolo che il contratto collettivo è
chiamato a svolgere nell'organizzazione del lavoro, il principio della
libertà contrattuale non può reputarsi assoluto e una soluzione analoga
all'obbligo di contrattare come mezzo per reprimere un boicottaggio
consentirebbe di evitare offese ai diritti personali (Zur Stellung der
Mehrheits- und Minderheitsgewerkschaft im Gesamtarbeitsvertragsrecht, in:
Festgabe zum Schweizerischen Juristentag, Basilea 1963, pag. 287 segg.;
Zum Gesamtarbeitsvertrag in der schweizerischen Wirtschaftsordnung, in:
Freiheit und Verantwortung, Festschrift für Arthur Meier-Hayoz, Berna 1982,
pag. 395 segg.; Der Arbeitsvertrag, in: Schweizerisches Privatrecht, vol.
VII/1, pag. 470; Zürcher Kommentar, III edizione, note 33 e 59 ad art. 356,
nota 18 ad art. 356a, nota 27 ad art. 356b e note 1 segg. ad art. 356c CO).

    L'opinione appena riassunta trova riscontro, con sfumature diverse,
in altri autori (DEN OTTER, Kollektives Arbeitsrecht, in: KUHN, Aktuelles
Arbeitsrecht für die betriebliche Praxis, parte 17 capitolo 9; HUG,
Ausgewählte Abhandlungen zum Arbeits- und Wirtschaftsrecht, vol. II,
Berna 1978, pag. 332 segg.; KREIS, Der Anschluss eines Aussenseiters an
den Gesamtarbeitsvertrag, tesi, Berna 1973, pag. 108 segg. e - tuttavia
- pag. 172); di orientamento affine è la regolamentazione francese,
che dà per principio a ogni sindacato rappresentativo un diritto di
adesione susseguente (RIVERO/SAVATIER, Droit du travail, Vendôme 1984,
pag. 346). Ma vi sono anche opere di dottrina che, riferendosi a DTF 74
II 158 e 75 II 305 come pure - più o meno implicitamente - agli art. 19
e 356 cpv. 4 CO, negano a un'organizzazione non firmataria la facoltà
di sottoscrivere un contratto collettivo senza l'accordo delle parti
(REHBINDER, Schweizerisches Arbeitsrecht, VIII edizione, pag. 156 infra;
GUHL/MERZ/KUMMER, Das schweizerische Obligationenrecht, VII edizione,
pag. 402; WILD, Die Entwicklung des Gesamtarbeitsvertragsrechts,
tesi, Berna 1985, pag. 177; SCHWEINGRUBER/BIGLER, Kommentar zum
Gesamtarbeitsvertrag, III edizione, pag. 52 seg.; riservato: LUSSER,
op.cit., pag. 77 infra e 124 segg.).

    c) Non vi è dubbio che gli art. 356 cpv. 4 e 356b cpv. 1 CO favoriscano
il contratto collettivo di lavoro come mezzo idoneo a tutelare la parte
economicamente più debole, a garantire un trattamento unitario dei
lavoratori, a prevenire conflitti sociali e a disciplinare le condizioni
d'impiego con norme relativamente duttili (VISCHER in: Zürcher Kommentar,
note 15 segg. ad art. 356 CO). Questo indirizzo è confermato dall'art. 356b
cpv. 3 CO e dalla nota legge federale concernente il conferimento del
carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro; del
resto il contratto collettivo influisce spesso sui contratti individuali
sebbene i medesimi non gli siano giuridicamente sottoposti (nel caso
in esame tutti i lavoratori delle due aziende fruiscono di condizioni
salariali e lavorative identiche). La legge promuove perciò - oltre
alla partecipazione di singoli lavoratori - l'adesione dei sindacati
ai contratti collettivi e non permette disparità di trattamento fra un
sindacato e l'altro (art. 356 cpv. 4 CO). V'è da appurare se il consenso
delle parti cui si riferisce l'art. 356b cpv. 1 CO sia imprescindibile.

    Il testo dell'art. 356b cpv. 1 CO riprende quello del vecchio
art. 322bis cpv. 1 CO, introdotto appunto dalla legge federale concernente
il conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo
di lavoro (RU 1956 pag. 1665). Si è visto che il Consiglio federale ha
rinunciato in tale circostanza a proporre diritti di adesione o obblighi
di trattativa riservando le eventualità in cui associazioni padronali o
sindacati si fossero serviti di metodi analoghi al boicottaggio. Che la
libertà contrattuale delle parti dovesse prevalere anche sugli scopi del
contratto collettivo non è stato affermato nemmeno durante i dibattiti
parlamentari (Boll.Sten. 1955 CS 194 e 1956 CN 228 segg.). Ne discende,
in ossequio a DTF 74 II 163 consid. 3c e 75 II 326 consid. 9a, che
il rifiuto di far aderire un sindacato a un contratto esistente non
può sospingersi nell'abuso né violare i diritti della personalità. È
in entrambe le sentenze citate il Tribunale federale ha avuto modo di
spiegare che un rifiuto privo di ragioni valide, destinato a indebolire
la posizione dei dipendenti, non può essere protetto poiché vanifica gli
scopi del contratto collettivo. Sarebbe incompatibile con l'idea basilare
di tale istituto, per di più, che un'associazione professionale potesse
far ricorso alla propria forza per impedire a un'altra associazione di
sottoscrivere un contratto collettivo. Nel messaggio del 29 gennaio 1954
il Consiglio federale, pur non essendo stato in grado di formulare rimedi,
era giunto a una conclusione identica.

    Il principio secondo cui l'autonomia della volontà (art. 19 CO)
non abilita le parti a sovvertire gli scopi del contratto collettivo,
sicché il richiamo alla libertà contrattuale può raffigurare un abuso
(art. 2 CC) ove manchi di interesse legittimo o persegua - anche senza
mire dolose (DTF 109 II 22) - interessi contrari agli obiettivi della
legge (DTF 94 I 667 consid. 4), va confermato. Esso salvaguardia la
personalità del lavoratore (art. 28 CC), segnatamente il diritto al
libero esercizio di un'occupazione economica (DTF 86 II 376 consid. 4c
e 4d; TERCIER, Le nouveau droit de la personnalité, Zurigo 1984, pag. 71
n. 493 segg.) e alla libera scelta di un organismo sindacale (cfr. DTF 111
II 253 consid. 4b; REHBINDER, op.cit., pag. 254). Inoltre esso protegge
la personalità dell'ente sindacale come corporazione di diritto privato
(cfr. DTF 75 II 326 consid. 9), che di fronte all'ostracismo gratuito di
un firmatario potrebbe vedersi minacciato nella sua stessa esistenza per
l'impossibilità di assolvere compiutamente la propria funzione (v. KREIS,
op.cit., pag. 171). È vero che anche i firmatari hanno il diritto personale
di trattare con chi vogliono e di impegnarsi con chi credono, ma ciò non li
autorizza a ledere chicchessia. I loro diritti si estinguono ove cominciano
quelli della persona esclusa. Al giudice incombe di ponderare gli opposti
interessi e di accertare se le giustificazioni addotte dai firmatari
siano preponderanti; ove occorra, egli reprimerà l'abuso ammettendo il
terzo nella comunità contrattuale (cfr. DTF 86 II 377 consid. 4d).

    Il caso in rassegna attiene all'adesione di un sindacato minoritario,
non di singoli lavoratori. È superfluo domandarsi quindi se lavoratori
isolati cui sia impedito di partecipare a un contratto collettivo
giusta l'art. 356b cpv. 1 CO possano invocare l'abuso di diritto come
limite all'autonomia della volontà. Pacifico è che l'organizzazione
minoritaria dev'essere sufficientemente rappresentativa, comprendere cioè
un numero tale di affiliati da legittimare un'adesione sindacale contro
la volontà delle parti (cfr. DTF 75 II 328 consid. 9b). Al riguardo non
è necessario far uso di rigide proporzioni numeriche. È indispensabile
tuttavia che il sindacato sia portavoce di una minoranza importante, se
non nell'azienda almeno sul piano cantonale o federale; compete al giudice
valutare simile requisito in base alle particolarità della fattispecie
(art. 2 n. 6 per analogia della legge federale concernente il conferimento
del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro;
SCHWEINGRUBER/BIGLER, op.cit., pag. 111 seg.).

    Riservate circostanze speciali, la soluzione descritta non pregiudica
i legittimi interessi delle parti. Nulla osta, infatti, a che i lavoratori
siano più largamente rappresentati nell'ambito del contratto collettivo;
i sindacati maggioritari, le associazioni padronali e i datori di
lavoro, a loro volta, non possono pretendere di confinare un sindicato di
minoranza senza giusti motivi. Poco importa che l'adesione di un sindacato
minoritario possa essere supplita, negli effetti, dalla decisione con cui
l'autorità estende il campo di applicazione di un contratto collettivo
in virtù della legge federale concernente il conferimento del carattere
obbligatorio generale (art. 1). Intanto l'autorità agisce solo su istanza
di tutte le parti firmatarie (art. 8 cpv. 1). In secondo luogo la facoltà
di ottenere una dichiarazione di carattere obbligatorio del contratto non
esclude che determinati litigi tra partner sociali possano risolversi già
in base al diritto privato (DTF 75 II 310 consid. 5, 111 II 361 consid. 2b;
HAUSHEER, op.cit., pag. 330 seg.).

Erwägung 5

    5.- La ricorrente fa valere che non sussiste la minima ragione per
vietarle l'ingresso nella comunità contrattuale. Anzi, già oggi le ditte
convenute trattengono dai salari destinati ai membri del sindacato in causa
le quote professionali che l'art. 24 del contratto collettivo prevede a
carico dei lavoratori iscritti alle organizzazioni firmatarie; non solo:
tali importi sono riversati regolarmente al sindacato come se il medesimo
fosse parte al contratto, ciò che dimostra - a parere dell'attrice -
il puro formalismo del rifiuto a lei opposto. Le due società ribadiscono
che la ricorrente è sempre stata trattata alla stessa stregua degli altri
sindacati, che il contratto colletivo garantisce a qualsiasi associazione
di categoria il diritto di rappresentare i propri aderenti presso la
direzione aziendale (art. 2 n. 1) e che la Commissione di fabbrica
(art. 3 del contratto) non ha mai discriminato i membri di organismi non
firmatari. Tali argomenti non giustificano un diniego di adesione.

    Che le convenute applichino unilateralmente il contratto collettivo
all'insieme del personale, anche non sindacato, non basta per attribuire
all'associazione in discorso qualità di parte firmataria e nemmeno per
assicurare agli affiliati i vantaggi sgorganti dal contratto stesso. Lo
statuto giuridico rimane diverso tanto per l'una quanto per gli altri. Ma
pure dal lato pratico la posizione del sindacato estraneo al contratto
comporta incovenienti non trascurabili, poiché esso è esulato da riunioni
e assemblee di fabbrica così come dai colloqui tra la Commissione di
fabbrica e la direzione aziendale (art. 6.5 del regolamento aziendale o
"Regolamento per la Commissione di fabbrica"). Ciò restringe notevolmente
il suo raggio d'intervento e influisce sulla libera scelta dei lavoratori
che desiderano associarsi a un sindacato capace di tutelare con efficacia
i loro interessi.

    Le convenute obiettano che, comunque sia, l'attrice non
riunisce nemmeno il 10% dei dipendenti e non può quindi definirsi
rappresentativa. Si evince dagli atti che al 31 dicembre 1984 le
maestranze delle due ditte (114 dipendenti) erano così suddivise: 44
aderenti all'Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese (OCST), 38 ai
Sindacati Indipendenti Ticinesi (SIT), 8 all'attrice, 2 al Sindacato
Edilizia e Legno (SEL) e 1 alla Federazione Svizzera dei Lavoratori del
Commercio, dei Trasporti e dell'Alimentazione (FCTA); 21 operai non erano
affiliati ad alcun sindacato. Ora, quand'anche non si volesse giudicare
rappresentativo un sindacato comprendente il 7% circa dei lavoratori, è
innegabile che la Federazione Svizzera Lavoratori Metallurgici e Orologiai
(FLMO) ha, sul piano nazionale, importanza evidente. Nel 1984 essa contava
121'777 effettivi (4663 nel Cantone Ticino) su un totale di 451'154
membri dell'Unione Sindacale Svizzera (28'337 nel Cantone Ticino). Nel
1985 le proporzioni erano pressoché invariate: 118'314 effettivi (4666
nel Ticino) su 443'584 membri dell'Unione Sindacale Svizzera (29'303 nel
Ticino). Premesse queste cifre, desumibili dall'Annuario statistico della
Svizzera 1986 (pag. 365) e dall'Annuario statistico del Cantone Ticino
1986 (pag. 265 e 266), non può sicuramente negarsi alla ricorrente la
qualifica di organismo sufficientemente rappresentativo.

    Rimane da verificare se le convenute abbiano un interesse degno
di salvaguardia a difesa della loro opposizione. Nulla risulta in
proposito. Le due ditte non rimproverano alcunché alla ricorrente:
non affermano - né tanto meno dimostrano - che essa si sia mai rivelata
un interlocutore scorretto o querelante, che abbia tenuto un contegno
inconciliabile con quanto ci si deve attendere da un firmatario, che abbia
dato adito a univoci sospetti di inaffidabilità, che abbia osteggiato
le trattative per il rinnovo o reso difficile l'intesa con gli altri
partner sociali. Al contrario: in una lettera del 28 novembre 1984 esse
hanno confermato di non avere il minimo appunto da muovere all'attrice. La
ricorrente da parte sua si è sempre dichiarata disposta ad assumere tutti
gli obblighi derivanti dal contratto. Il rifiuto delle due ditte mancando
di qualsiasi argomento a sostegno, la richiesta di adesione proposta dal
sindacato appare legittima, ciò che comporta la riforma della sentenza
cantonale.

Entscheid:

      Per questi motivi il Tribunale federale pronuncia:

    Il ricorso è accolto e, in riforma della sentenza impugnata, è
accertato il diritto spettante alla Federazione Svizzera Lavoratori
Metallurgici e Orologiai di aderire al contratto collettivo di lavoro
aziendale stipulato il 1o aprile 1981 dalle società anonime X. e Y. con
l'Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese e i Sindacati Indipendenti
Ticinesi.