Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 104 IB 385



104 Ib 385

61. Estratto della sentenza 17 marzo 1978 nella causa eredi X. c. Camera
di diritto tributario del Tribunale di appello del Cantone Ticino Regeste

    Besteuerung eines durch eine Erbengemeinschaft bei Veräusserung
oder Verwertung von Geschäftsliegenschaften erzielten Kapitalgewinns
(Art. 21 Abs. 1 lit. d und Art. 43 WStB; Art. 19 Abs. 2 lit. b und Art. 75
Steuergesetz des Kantons Tessin vom 11. April 1950).

    1. Zulässigkeit der Verwaltungsgerichtsbeschwerde gegen die Veranlagung
betreffend die Wehrsteuer bzw. der staatsrechtlichen Beschwerde gegen die
Veranlagung betreffend die kantonalen Steuern. Ein Erbe, der nicht in dem
gemäss Art. 77 ff. WStB für die angefochtene Veranlagung zuständigen Kanton
Wohnsitz hat, ist zur Verwaltungsgerichtsbeschwerde nicht legitimiert;
er kann indessen als Mitbeteiligter im Sinn von Art. 110 OG betrachtet
werden (E. 2a/b).

    2. Verhältnis zwischen der Einkommenssteuer und der Spezialsteuer
betreffend Grundstückgewinne. Rechtslage in verschiedenen Kantonen und
im besonderen im Kanton Tessin gemäss dem Steuergesetz von 1950 sowie
dem Gesetz betreffend die Grundstückgewinnsteuer vom 17. Dezember 1964
(E. 5-7).

    3. Entstehung der Steuerforderung gegenüber einer Erbengemeinschaft:
Die Steuerforderung entsteht erst mit der Veräusserung oder einer auf
die Dauer ausgerichteten und endgültigen Verwertung der vom Erbgang
betroffenen Geschäftsliegenschaften, sofern nicht alle oder einzelne
Erben durch eine ausdrückliche Erklärung die Überführung ihres Anteils
aus dem Geschäftsvermögen in ihr Privatvermögen herbeiführen (E. 8-E. 14:
Wehrsteuerrecht; E. 15: kant. Recht).

    4. Wertzerlegung einer gemischt genutzten Liegenschaft. Vereinbarkeit
des Merkblatts der Eidg. Steuerverwaltung vom 23. Juli 1969 über die
Besteuerung von Gewinnen aus teils geschäftlich und teils privat genutzten
Liegenschaften (s. ASA 38, 128 ff. u. 131 ff.; Rivista tributaria ticinese
1969, 108 ff.) mit dem WStB (E. 18a).

Sachverhalt

    A.- Il Grand Hotel P. venne aperto verso la metà del secolo scorso,
divenendo uno degli alberghi più importanti è più lussuosi di L. J. X.,
padre degli eredi qui ricorrenti, lo acquistò nel 1939 per un prezzo
di Fr. 1'760'000.- (Fr. 1'560'000.- per gli immobili e Fr. 200'000.-
per il mobilio ed accessori). In quell'occasione, dalla particella
principale su cui sorge l'albergo (n. 1071 di 12597 mq) venne staccata
la particella n. 1808 di 5000 mq, descritta a registro fondiario quale
giardino ed adibita poi parzialmente alla coltivazione di fiori ed
ortaggi. Dopo la morte di J. X., avvenuta nel 1941, il Grand Hotel venne
gestito dalla moglie e, nel 1944, l'azienda alberghiera fu iscritta nel
registro di commercio. Benché la signora X. fosse obbligata a tenere
una contabilità giusta l'art. 957 CO, poterono esser reperiti soltanto
i bilanci ed i conti perdite e profitti relativi agli anni 1942-1948:
nel primo di questi bilanci, gli immobili, accessori compresi, erano
valutati a Fr. 1'379'000.-; nell'ultimo, il valore era sceso invece a Fr.
1'281'000.-.

    La signora X. morì il 5 ottobre 1965, lasciando eredi i sette figli:
due di essi sono domiciliati a L., nel Cantone Ticino, mentre gli altri
risiedono rispettivamente a Milano e nei Cantoni di Ginevra, Zurigo e
Basilea Città. Nell'ambito della comunione ereditaria, la divisione della
successione si rivelo subito assai difficoltosa: una parte degli eredi
propendeva infatti per la continuazione dell'azienda nell'ambito della
famiglia, mentre gli altri preferivano invece liquidare l'intero complesso
alberghiero. In queste circostanze, l'amministratore della successione
autorizzo a titolo provvisorio l'ulteriore gestione dell'albergo da parte
di una società in nome collettivo formata dai due coeredi residenti a
L.; detta società fu iscritta nel registro di commercio il 15 giugno
1967. Dopo due anni, e più precisamente il 31 ottobre 1969, l'albergo
venne però chiuso e l'attività aziendale non fu più ripresa, anche se un
gruppo di eredi non scarto mai l'idea di una possibile riapertura.

    In data 11 marzo 1975, il Pretore della Giurisdizione di L. decreto
la vendita delle particelle 1071 e 1808 nelle vie del pubblico incanto
ed in un sol blocco. Nel relativo capitolato, il prezzo base minimo
fu fissato in Fr. 19'700'000.-, somma che rappresentava il valore
di stima ufficiale. L'asta venne però immediatamente chiusa poiché
nessun partecipante aveva versato nelle mani del notaio il deposito
richiesto. Prima della decisione del Tribunale federale, venne poi
indetta una seconda asta pubblica. Il prezzo base minimo fu stabilito
in questo caso in Fr. 11'000'000.- per la particella 1071 (Grand Hotel)
e Fr. 3'000'000.- per la particella 1808. Tuttavia, contro il capitolato
d'asta, due coeredi sollevarono azione di contestazione e la causa venne
quindi deferita al Pretore di L.

    B.- In base alla descritta fattispecie, l'autorità fiscale ticinese
ritenne, in un primo tempo, che con l'affitto del Grand Hotel P. alla
società in nome collettivo M. X. & Co. l'intero complesso aveva perso il
carattere di bene aziendale ad acquistato quello di sostanza privata della
comunione ereditaria. Per questo motivo, la predetta autorità procedeva
alla tassazione del relativo utile di liquidazione con decisioni del 6
dicembre 1971 fondate sugli art. 21 cpv. 1 lett. d e 43 DIN (per l'IDN
14o periodo) nonché 19 cpv. 2 lett. b e 75 della legge tributaria (LT)
dell'11 aprile 1950 (per l'IC 1967). Su reclamo dei coeredi, l'Ufficio
circondariale di L. annullava le tassazioni, riconoscendo che "la
costituzione della società in nome collettivo è stato un atto puramente
transitorio per salvaguardare la continuità dell'esercizio dell'azienda
e che quindi l'immobile ha mantenuto il suo carattere aziendale fino
al momento della chiusura definitiva dell'albergo". Stralciando pertanto
l'utile di liquidazione, esso aggiungeva altresì che il detto utile sarebbe
stato "nuovamente determinato per il 1969, anno di chiusura definitiva
dell'albergo e dunque di trapasso dei beni aziendali nella sfera privata
della comunione ereditaria". In data 5 novembre 1975, l'autorità fiscale
intimava ai singoli eredi le nuove tassazioni concernenti l'utile di
liquidazione e relative all'IC 1969 e all'IDN 15o periodo. Detto utile
fu calcolato in Fr. 23'890'375.-, con una quota-parte per ogni erede di
Fr. 3'412'910.-. Con decisioni 4 agosto 1975, l'autorità fiscale respingeva
tutti i reclami presentati dai singoli eredi.

    Contro tali decisioni, gli eredi X. si sono aggravati alla Camera
di diritto tributario del Tribunale di appello (CDT). Quest'ultima,
con sentenza 20 luglio 1976 intimata il 10 agosto, convalido il
principio dell'imposizione di un profitto in capitale, correggendone
però il calcolo: partendo da un valore di realizzazione di 20 milioni
di franchi - importo che "corrisponde alla valutazione minima del
complesso da parte dei ricorrenti stessi" - la CDT dedusse infatti il
valore degli immobili allibrato nel bilancio di chiusura 31 dicembre
1948 (Fr. 1'281'600.-) e fisso quindi il profitto in capitale soggetto
all'imposta in Fr. 18'718'400.-, vale a dire Fr. 2'674057.- per ogni
singolo erede. Il 12 agosto 1976, sulla base della cennata sentenza,
l'Ufficio circondariale di L. ha provveduto ad intimare ai ricorrenti i
nuovi conteggi. Per l'IC, l'imposta annua venne così fissata, per ogni
erede, a Fr. 320'880.-. Per quanto concerne l'IDN 15o periodo, la detta
tassazione venne invece notificata ai soli contribuenti domiciliati nel
Canton Ticino o ad essi assimilati.

    Contro la sentenza cantonale e, rispettivamente, contro le cennate
tassazioni dell'Ufficio circondariale, gli eredi X., con atti separati,
hanno proposto al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo,
riferito all'IDN, e un ricorso di diritto pubblico, riferito all'IC. I
coniugi de T.-X. si sono però limitati ad impugnare la stessa sentenza con
quest'ultimo rimedio, per quanto attiene all'imposta cantonale. In tutti
i gravami è contestato il calcolo dell'utile di liquidazione leggermente
corretto dalla CDT ed è chiesto l'annullamento della pronunzia impugnata
con o senza rinvio degli atti all'autorità cantonale. Dei motivi si dirà,
in quanto necessario, nei considerandi di diritto.

    C.- Nella sua seduta del 21 dicembre 1977, la Camera di diritto
amministrativo ha cominciato a deliberare sui gravami dei ricorrenti,
ma ha poi rinviato la sua decisione a data ulteriore per poter esaminare
più a fondo la questione dell'esigibilità della pretesa fiscale in casi
speciali come quello in esame che concernono una successione indivisa. In
particolare, la Camera voleva esser meglio informata sugli effetti pratici
d'un differimento di codesta esigibilità sino alla divisione ereditaria
o sino all'affitto duraturo del complesso alberghiero. Per questo motivo,
essa s'è rivolta alle amministrazioni interessate con lettera del giudice
delegato del 3 gennaio 1978.

    Con la presente sentenza, il Tribunale federale ha accolto tutti i
ricorsi di diritto pubblico, nonché i ricorsi di diritto amministrativo
proposti dai ricorrenti domiciliati risp. nel Cantone Ticino e a
Milano. Gli altri gravami di diritto amministrativo sono stati dichiarati
invece irricevibili.

Auszug aus den Erwägungen:

                   Considerando in diritto:
I. Ammissibilità dei ricorsi e potere cognitivo del Tribunale federale

Erwägung 2

    2.- a) Giusta l'art. 77 cpv. 1 DIN, i contribuenti che hanno nella
Svizzera il domicilio o la dimora o la loro sede sono tassati nel luogo
in cui hanno domicilio o dimora o sede al momento in cui comincia per essi
l'obbligo di pagare l'imposta (art. 8). Per contro, i contribuenti che non
hanno né domicilio o dimora, né sede nella Svizzera, vengono tassati nel
luogo in cui si sono verificate, all'inizio del loro obbligo di pagare
l'IDN (art. 8), le condizioni citate nell'art. 3 n. 3 lett. da a a g
DIN. Se queste condizioni si verificano in diversi luoghi, la tassazione
avviene nel luogo dove si trova la maggior parte dei beni imponibili,
o dove abita il rappresentante principale del contribuente (art. 78
cpv. 1 DIN).

    aa) Nel caso in esame, soltanto la dott. M. X. ed il fratello
M. X. sono domiciliati nel Cantone Ticino, ove sono quindi soggetti
all'imposta federale. Per contro, la dott. I. M.-X., i coniugi R.-X. ed
i signori K.-X. risiedono risp. nei Cantoni di Ginevra, Zurigo e Basilea
Città dove saranno assoggettati all'imposta federale indipendentemente
dal fatto che l'eventuale utile di liquidazione sia stato realizzato
nel Cantone Ticino. Per quanto concerne l'IDN 15o periodo, i loro
gravami (ancorché proposti a titolo precauzionale) sono per conseguenza
irricevibili, non essendo detti ricorrenti toccati dalla decisione
impugnata giusta l'art. 103 lett. a OG; le autorità fiscali di quei
Cantoni sono infatti libere di scostarsi dalla decisione della CDT e,
quantomeno formalmente, non è per loro vincolante neppure la sentenza
del Tribunale federale.

    Malgrado l'inammissibilità di principio dei cennati ricorsi di diritto
amministrativo, giova invero rilevare che la pronunzia impugnata concerne
de facto tutti gli eredi X., ed è pertanto pacifico che anche i ricorrenti
domiciliati a Ginevra, Zollikon e Basilea abbiano potuto insinuare un
allegato di replica e debbano quindi esser considerati come interessati
ai sensi dell'art. 110 cpv. 1 OG.

    bb) Diversa è invece la situazione per la dott. A. G.-X., ora residente
a Milano. Dopo la morte della madre (1965) e sino alla chiusura del Grand
Hotel P. (1969) essa fu infatti contitolare dell'azienda alberghiera,
ovvero di un'azienda commerciale esercitata in Svizzera (art. 3 n. 3
lett. c DIN), e soggiace quindi all'imposta sui profitti in capitale e
sul plusvalore nel Cantone Ticino, in virtù dell'art. 78 cpv. 1 DIN.

    b) Per quanto concerne l'imposta cantonale, basta invece rilevare
che il profitto in capitale litigioso è stato conseguito in Ticino
nell'esercizio di un'azienda, cosicché la relativa tassazione compete
senz'altro all'autorità ticinese (cfr. art. 8 n. 1 e 3 LT e art. 10 della
legge di procedura tributaria (LPT) del 23 novembre 1953). Si deve quindi
dedurre che l'impugnata sentenza della CDT colpisce tutti i ricorrenti
nei loro interessi giuridicamente protetti giusta l'art. 88 OG (v. DTF 104
Ia 152). In quanto volti contro l'IC 1969, i ricorsi di diritto pubblico,
interposti tempestivamente e fondati su una pretesa violazione dell'art. 4
Cost., sono dunque ricevibili in virtù degli art. 84 cpv. 1 lett. a e
87 OG.

Erwägung 3

    3.- (Potere d'esame del Tribunale federale.)  II. Violazione del
principio dell'uguaglianza

Erwägung 5

    5.- Parecchi ricorrenti lamentano nei rispettivi gravami una presunta
disparità di trattamento (art. 4 Cost.), asserendo in proposito che essi
sono stati tassati, tanto in diritto federale quanto in diritto cantonale,
secondo i principi dell'imposta sul reddito netto conseguito mediante
la realizzazione di beni immobili, mentre altri contribuenti sarebbero
stati colpiti, nella stessa situazione, soltanto dalla legge cantonale
concernente l'imposta sul maggior valore immobiliare del 17 dicembre 1964
(LIMVI).

    Nella misura in cui concerne la diversa trattazione dei profitti
in capitale fra contribuenti astretti a tenere libri contabili giusta
l'art. 21 cpv. 1 lett. d DIN e soggetti fiscali che a tale obbligo non
debbono invece sottostare, la predetta censura è tuttavia irricevibile. In
effetti, l'ordinamento del decreto concernente l'IDN, in quanto parte
della legislazione federale (art. 114bis cpv. 3 Cost.), è vincolante per
il Tribunale federale che non può quindi esaminare se esso è conforme
o meno alla Costituzione (v. ASA 25, 42 consid. 1; MASSHARDT/GENDRE,
Commentaire IDN, ad art. 112 DIN, n. 17, pag. 348). Per contro, la censura
di violazione dell'art. 4 Cost. è senz'altro proponibile nella misura in
cui riguarda la legislazione cantonale (v. DTF 103 Ia 84c, 387c) e deve qui
esser sindicata a titolo pregiudiziale. È pacifico infatti che il cittadino
può avvalersi del ricorso di diritto pubblico non solo per impugnare una
norma d'obbligatorietà generale, in quanto virtuale violazione dei suoi
diritti costituzionali, ma anche per contestarne la validità e quindi
l'applicabilità al momento della decisione che la concretizza e che
realizza (a parer suo) la lesione del diritto individuale (v. DTF 103 Ia
86 consid. 3; 102 Ia 42 consid. 3a; 100 Ia 173/174 consid. 1).

Erwägung 6

    6.- a) Per rispetto al problema posto, vi sono Cantoni che, dal profilo
fiscale, trattano gli utili immobiliari provenienti dall'esercizio di
un'attività commerciale alla stessa stregua dei profitti immobiliari
conseguiti da altri contribuenti. Essi dividono l'utile immobiliare
aziendale in due quote-parti: la prima corrispondente agli ammortamenti
costituiti e fiscalmente concessi, che è colpita dall'imposta sul
reddito; la seconda, relativa all'incremento di valore dell'immobile,
che è assoggettata all'imposta sugli utili immobiliari. Fra i Cantoni
che s'attengono a questo sistema vanno menzionati Zurigo, Berna, Uri,
Svitto, Basilea Campagna e Appenzello Interno. La maggior parte dei
Cantoni sottopone tuttavia gli utili provenienti da immobili aziendali di
persone fisiche e società di capitali all'imposta sul reddito, mentre
gli altri contribuenti soggiacciono soltanto, e se del caso, ad una
tassa sul profitto immobiliare (v. B. GROSSMANN, Die Besteuerung der
Gewinne auf Geschäftsgrundstücken, tesi San Gallo 1977, pag. 66 segg.,
con riferimento in particolare al Canton San Gallo). Queste legislazioni
cantonali si ispirano pertanto al diritto federale applicando nelle grandi
linee gli stessi principi, con la differenza tuttavia che il decreto
del 1940 libera dall'imposta quei contribuenti che non sono astretti a
tenere libri contabili, mentre i Cantoni riscuotono eventualmente la
cennata imposta speciale sull'utile immobiliare (v. O. COURVOISIER,
Relation entre l'impôt sur le revenu et l'impôt spécial frappant les
gains immobiliers - Etude de droit suisse, tesi Losanna 1974, pag. 41
segg. nonché la conclusione alla parte generale, pagg. 129/131; RYSER,
Dix leçons introductives au droit fiscal, Berna 1974, pagg. 168/171). Si
noti peraltro in quest'ambito che la detta imposta speciale è denominata
in modo diverso secondo i Cantoni e secondo l'oggetto e la natura della
contribuzione: parlasi infatti di "Kapitalgewinnsteuer" a Basilea Città
di "Vermögensgewinnsteuer" "impôt sur les gains de fortune" a Berna, di
"imposta sul maggior valore immobiliare" nel Ticino, di "Zuschlagssteuer"
a Soletta di "Grundstückgewinnsteuer" e "impôt sur les gains immobiliers"
negli altri Cantoni, con speciale riferimento al Canton Ginevra ov'è
questione di un'imposta speciale "sur certains bénéfices immobiliers"
(v. COURVOISIER, op.cit., pag. 28 nota 5).

    b) Per quanto concerne gli utili immobiliari, il legislatore ticinese
ha optato per una soluzione mista o ibrida. Come nel Cantone di Zurigo,
qualsiasi utile proveniente da mutazioni immobiliari od operazioni
assimilate soggiace all'imposta speciale giusta l'art. 2 LIMVI; ma accanto
a questa imposta, l'imposta sul reddito, risp. sul reddito netto non
colpisce soltanto la parte corrispondente agli ammortamenti fiscalmente
autorizzati, ma altresì la parte di utile (valore d'alienazione meno valore
d'acquisto più spese) che rimane dopo deduzione di quella non coinvolta
dall'imposta sul maggior valore (v. art. 19 cpv. 2 lett. b e 20 LT;
GROSSMANN, op.cit., pag. 85; COURVOISIER, op.cit., pagg. 83/85; F. BOTTOLI,
Lineamenti di diritto tributario ticinese, Porza-Lugano 1977, pag. 62).

    Nel caso in esame, i ricorrenti non debbono tuttavia assolvere la
cennata imposta sul maggior valore immobiliare poiché non v'è stata
alcuna alienazione di fondi, in casu dell'immobile aziendale, ai sensi
dell'art. 2 LIMVI, mentre i trasferimenti di proprietà per causa di
successione non soggiacciono all'imposta in virtù dell'art. 3 cpv. 1
lett. a della stessa legge. Di conseguenza, l'intero profitto in capitale
eventualmente conseguito nella fattispecie dovrebbe esser colpito soltanto
dall'imposta sul reddito aziendale giusta l'art. 19 cpv. 2 lett. b LT e,
più precisamente, dall'imposta annuale prevista dall'art. 75 LT, imposta
che, come già s'è visto, è strutturata come l'omonima imposta federale
ai sensi degli art. 21 cpv. 1 lett. d e 43 DIN.

    c) Ciò premesso, giova invero rilevare che la cennata regolamentazione
resiste comunque alla censura d'anticostituzionalità, ancorché
debbasi riconoscere ch'essa comporta di per sé una certa disparità di
trattamento e che, in un caso come quello in esame, la semplice imposizione
dell'incremento di valore ai sensi della LIMVI sarebbe per i ricorrenti
più vantaggiosa, tanto più che detta imposta scadrebbe soltanto con
l'alienazione del fondo giusta l'art. 2 LIMVI.

    Chiamato a stabilire un sistema d'imposizione degli utili provenienti
da immobili aziendali, il legislatore deve fondamentalmente optare fra
due tipi di disparità di trattamento: da un lato, può trattare codesti
profitti alla stessa stregua dei normali utili aziendali, creando in tal
modo una disuguaglianza per rapporto ai profitti immobiliari di natura
privata; dall'altro, può invece mettere sullo stesso piano i profitti
provenienti da beni immobiliari privati e la quota relativa all'incremento
di valore degli immobili aziendali, imponendo poi gli utili d'azienda
in modo differenziato a seconda della fetta di patrimonio su cui son
stati conseguiti. In questo contesto, GROSSMANN (op.cit., pag. 375)
rileva giustamente che il legislatore è qui in presenza d'un dualismo
irriducibile ("unüberwindbarer Dualismus"), tant'è vero che una certa
disparità di trattamento non può esser del tutto evitata. Tollerando in
un certo qual senso codesta reale disparità, si deve quindi ammettere che
le diverse soluzioni adottate dai legislatori cantonali non contraddicono
di per sé il principio dell'uguaglianza sancito dall'art. 4 Cost.

Erwägung 7

    7.- Per ciò che qui interessa, il legislatore ticinese s'è d'altronde
riferito alla disciplina prevista dal decreto del 9 dicembre 1940;
esso ha infatti assoggettato alla stessa stregua tanto gli utili
immobiliari aziendali quanto gli ulteriori benefici d'azienda, nel
quadro di un'imposizione unitaria di tutti i guadagni aziendali, senza
distinguere cioè fra gli utili conseguiti esclusivamente nell'esercizio
di un'azienda ed i profitti extraaziendali realizzati su elementi della
sostanza commerciale. Orbene, questo profitto aziendale unitario, che
per i contribuenti astretti a tenere una contabilità si desume dai libri
di commercio, risulta per principio da un'azione combinata di capitale
e lavoro, ed è pertanto logico che l'utile globale che da quest'azione
risulta debba esser tassato in modo uniforme.

    Come si vedrà dettagliatamente in seguito, un profitto in capitale
non è conseguito soltanto con l'alienazione o la realizzazione di beni,
ma anche allorquando un attivo già appartenente alla sostanza aziendale
viene, mediante una cosiddetta estrazione contabile, trasferito nella
sostanza privata del proprietario (v. DTF 76 I 208/210; ASA 46, 416; 26,
27; 22, 342; MASSHARDT/GENDRE, ad art. 21 cpv. 1 lett. d DIN, n. 60,
pag. 113; BOTTOLI, op.cit., pag. 60; cfr. anche art. 18 cpv. 2 della
nuova legge tributaria del Cantone Ticino del 28 settembre 1976). Questa
estensione è la logica conseguenza del trattamento unitario riservato
dal legislatore agli utili aziendali: in effetti, se al titolare di una
ditta gestita in forma commerciale è permesso costituire ammortamenti ed
accantonamenti (riserve d'ammortamento: cfr. MASSHARDT/GENDRE, ad art. 22
cpv. 1 lett. a DIN, n. 13, pag. 143) giustificati dall'uso commerciale,
è pacifico che con lo scioglimento dell'azienda le riserve occulte non
ancora tassate e le plusvalenze conseguite sulla sostanza aziendale, ivi
compreso l'incremento di valore dei terreni, debbano sottostare all'imposta
diretta. Certo, le conseguenze di questo sistema di per sé conforme alla
Costituzione possono anche rivelarsi scioccanti quando tutto l'utile
di liquidazione è rappresentato dal solo aumento di valore del terreno,
mentre i fabbricati aziendali, dal profilo di una miglior valorizzazione
dei fondi, non appaiono più degni di ulteriore manutenzione. In questo
caso, gli ammortamenti e gli eventuali accantonamenti operati per la
riparazione ed il restauro degli stabili appaiono giustificati nella misura
in cui quest'ultimi abbiano manifestamente perso di valore; solo codesto
deprezzamento sarà infatti fiscalmente compensato mediante l'aumento di
valore dei terreni.

    Stando così le cose, anche i ricorrenti debbono pertanto accettare
d'essere trattati, per quel che concerne l'incremento di valore dei loro
fondi, alla stessa stregua di qualsiasi proprietario di immobili aziendali,
e debbono inoltre riconoscere che la normativa adottata dal legislatore
ticinese è di per sé conforme ai disposti costituzionali. La censura di
disparità di trattamento s'avvera pertanto infondata. III. Nascita del
credito fiscale

Erwägung 8

    8.- Il caso concreto pone, dal profilo giuridico, una questione
essenziale che dev'essere esaminata in primo luogo. Si deve infatti
vagliare se, come ammesso dalle autorità cantonali, la pretesa fiscale
già era esigibile nel 1969 sulla scorta del valore commerciale dei beni
immobiliari nello stesso anno, senza tener conto cioè delle effettive
svalutazioni subentrate in seguito e, soprattutto, senza considerare il
fatto che i ricorrenti non si sono ancora accordati sul destino dei loro
beni né hanno preso in proposito una decisione definitiva. È pacifico
infatti che se i ricorrenti non hanno conseguito un profitto in capitale
ai sensi dell'art. 21 cpv. 1 lett. d DIN, ovverosia se il credito fiscale
avanzato dal Cantone non è in effetto ancora sorto, la sentenza impugnata
dovrebbe essere annullata d'acchito, ciò che risparmierebbe al Tribunale
federale l'esame delle ulteriori censure ricorsuali (segnatamente le
eccezioni di perenzione e prescrizione), all'infuori tuttavia di quelle che
attengono all'oggetto stesso dell'imposta e che, per ragioni di principio
e d'economia processuale, debbono comunque esser sindacate.

Erwägung 9

    9.- a) (...)

    b) A titolo preliminare, giova poi aggiungere che, in concreto,
sono trascorsi ormai parecchi anni dall'asserita chiusura dell'azienda,
senza che ciò abbia portato invero ad una qualsivoglia valorizzazione
degli immobili aziendali; è quindi assai probabile che i ricorrenti non
potranno comunque conseguire l'utile di liquidazione calcolato in casu
dalla CDT e pari a Fr. 18'718'400.-. Basti rilevare in quest'ambito
che il capitolato redatto per le aste del 18 aprile 1978 prevede offerte
minime di 11 milioni di franchi per la particella n. 1071 ("prima asta")
e di 3 milioni di franchi per il mappale attiguo ("seconda asta"): d'altro
canto, anche il giudice relatore della CDT - nelle sue osservazioni del
31 gennaio 1978 - ha osservato che l'attuale vendita dei fondi potrebbe
fruttare all'incirca dieci milioni di franchi, ciò che corrisponde in
pratica all'offerta 16 agosto 1977 della Città di L. (9,5 milioni).

    c) Ciò premesso, si deve quindi esaminare se le autorità fiscali del
Cantone Ticino erano legittimate a tassare un utile di liquidazione in
base a un valore commerciale non ancora realizzato e risalente al 1969,
e se, di conseguenza, i ricorrenti erano tenuti a pagare codesta imposta
speciale sui profitti in capitale e sul plusvalore giusta gli art. 21
cpv. 1 lett. d e 43 DIN, risp. 19 cpv. 2 lett. b c e 75 LT.

Erwägung 10

    10.- Per l'esame della cennata questione in diritto federale, occorre
riferirsi ad una sentenza 28 aprile 1972 in re F.L. c. Commissione
cantonale di ricorso del Cantone di Obwalden, apparsa in ASA 41, 450
segg. In quel caso, il padre settantasettenne aveva affittato al proprio
figlio la sua azienda (albergo con panetteria e drogheria); dopo la sua
morte, avvenuta nel 1963, il contratto d'affitto era stato disdetto (31
agosto 1965), mentre l'immobile aziendale era stato venduto. Il Tribunale
federale ha considerato in particolare che l'affitto dell'azienda paterna
ad uno dei figli non cagiona già come tale l'imposizione di un utile
di liquidazione, se trattasi di misura temporanea intesa unicamente ad
assicurare la transizione fino alla vendita dell'immobile commerciale o
a preparare il trapasso definitivo dell'azienda stessa al figlio; esso
ha altresì aggiunto che l'imposizione di tale utile non si giustifica
neppure con il susseguente trapasso ereditario, finché si ignora se
gli eredi vogliono alienare l'immobile o affittare definitivamente
l'azienda stessa. Da questo giudizio, si desume pertanto che il credito
fiscale concernente l'utile di liquidazione nasce, secondo la tendenza
manifestata dal Tribunale federale, relativamente tardi, ed in primo luogo
con l'alienazione degli immobili aziendali: ciò evita in particolare
l'emanazione di tassazioni intempestive nei casi in cui i contribuenti
riescono a trovare poi i mezzi necessari per riprendere l'attività
commerciale, e fa soprattutto in modo che il termine di perenzione
dell'art. 98 DIN cominci a decorrere soltanto più tardi.

    D'altro canto, in un'altra sentenza del 1972 confermativa della prassi
anteriore (v. ASA 41, 505 segg.), il Tribunale federale ha stabilito che
l'affitto definitivo di un'azienda commerciale in un momento ove appare
esclusa ogni ulteriore ripresa dell'esercizio da parte del titolare,
costituisce una cessazione definitiva dell'attività aziendale, e con
ciò un trasferimento di tutta la sostanza commerciale nel patrimonio
privato, che legittima l'imposizione di un utile di liquidazione ai sensi
degli art. 21 cpv. 1 lett. d e 43 DIN (v. anche ASA 39, 98; 29, 305; 24,
281). Infine, in una terza sentenza del 1956 apparsa in ASA 26, 32 segg.,
il Tribunale federale ha rilevato che un albergo passato per successione
nella proprietà comune di più eredi e affittato ad uno di essi per un lungo
periodo, perde, per la durata del contratto d'affitto, il carattere di
attivo commerciale ed acquista quello di sostanza privata della comunione
ereditaria (cfr. anche REIMANN/ZUPPINGER/SCHÄRRER, Kommentar zum Zürcher
Steuergesetz, vol. II, al § 19 b, n. 47, pagg. 60/61).

    Ciò premesso, si deve invero riconoscere che se la comunione ereditaria
o l'amministratore della successione affittano l'azienda in un modo che
si rivela poi temporaneo, le autorità fiscali sono confrontate ad una
situazione poco chiara ed anche poco sicura, ed è quindi comprensibile
che esse cerchino comunque d'avviare la tassazione al più presto, magari
prematuramente, onde evitare soprattutto che il diritto di tassare si
estingua in virtù dell'art. 98 DIN. Per questa ragione, le predette
autorità hanno piuttosto la tendenza a non differire la procedura di
tassazione - in pratica già ritardata dalla costituzione di riserve
occulte esenti da imposta - oltre l'inizio della liquidazione aziendale.

    Ai fini di questo giudizio, appare quindi opportuno ricapitolare i
principi generali stabiliti dalla giurisprudenza in merito al trasferimento
di beni dalla sostanza aziendale alla sostanza privata d'una comunione
ereditaria, ed adattarli poi alla fattispecie concreta che, per certi
versi, presenta invero aspetti straordinari.

Erwägung 11

    11.- a) Gli utili di liquidazione costituiscono una categoria dei
profitti in capitale di cui all'art. 21 cpv. 1 lett. d DIN conseguiti
nell'esercizio di un'azienda avente l'obbligo di tenere una contabilità,
mediante alienazione o realizzazione di beni. Sia il diritto federale che
il diritto cantonale sottopongono tuttavia all'imposta i soli profitti
che son stati conseguiti, ovverosia realizzati, ed è per questo motivo che
gli utili di liquidazione provenienti dalla cessazione o dall'alienazione
di un'azienda sono espressamente menzionati quali esempi di profitti
in capitale imponibili a norma di legge. D'altro canto, il profitto
dev'esser conseguito con l'alienazione o la realizzazione di beni
dell'attivo commerciale.

    Nel caso in esame, non v'è stata finora alcuna alienazione degli
immobili aziendali: si deve quindi esaminare in primo luogo cosa debbasi
intendere per "realizzazione di beni" ai sensi dell'art. 21 cpv. 1
lett. d DIN.

    b) Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale, la devoluzione
dell'eredità non può essere considerata realizzazione (v. DTF 82 I
117; 76 I 61 consid. 1); in effetti, con la semplice successione,
gli immobili aziendali diventano innanzitutto sostanza commerciale di
tutti i coeredi. Se questi decidono poi di continuare assieme l'attività
commerciale, la comunione ereditaria diventa in pratica una società a base
personale ed è quindi pacifico che non vi sia in tal caso liquidazione
alcuna. Per contro, l'affitto durevole di un albergo ad un erede o ad
un terzo comporta - secondo la giurisprudenza - una realizzazione di
beni che si attua con il trasferimento degli immobili aziendali dalla
sfera commerciale a quella privata (v. ASA 41, 507/508 consid. 2; 26,
33). D'altro lato, la prassi ha però stabilito che un immobile in cui
viene gestito un albergo e che, alla morte del proprietario, passa alla
vedova e alla figlia minorenne, costituisce un elemento della sostanza
commerciale della vedova soltanto per la parte che corrisponde alla sua
quota della successione indivisa, anche se essa continua a gestire da
sola l'azienda; la quota-parte spettante alla figlia diventa invece,
in queste circostanze, sostanza privata (v. ASA 39, 94 segg.).

    Quando un erede riprende un commercio, ivi compresi gli immobili
dell'impresa, nell'ambito d'un normale accomodamento discendente dal
diritto successorio, non subentra in effetti liquidazione aziendale, poiché
la devoluzione e la divisione dell'eredità non costituiscono, come tali,
una realizzazione di beni fiscalmente determinante (v. MASSHARDT/GENDRE,
ad art. 43 DIN, n. 20 lett. e, pag. 203). Tuttavia, se taluni eredi
sono tacitati per la loro quota-parte di sostanza commerciale si può
allora parlare in certi casi di liquidazione parziale dell'azienda stessa
(v. ASA 25, 175 segg.; MASSHARDT, Fragen aus dem Gebiet der Besteuerung
von Liquidationsgewinnen bei der Wehrsteuer, ASA 26, 161 segg., in
part. pag. 168; MASSHARDT/GENDRE, ad art. 43 DIN, n. 20 lett. e, pag. 204;
in senso critico, KÄNZIG, Die eidgenössische Wehrsteuer, ad art. 21 cpv. 1
lett. d DIN, n. 103, pag. 163).

    Nei casi testé descritti, s'è dunque in presenza d'una realizzazione di
beni, ovvero dell'attivo commerciale, ai sensi dell'art. 21 cpv. 1 lett. d
DIN: al posto dei diritti di proprietà esercitati fin allora in comune o
dei diritti di godimento, gli eredi, risp. i coeredi ottengono infatti un
corrispettivo che può concretarsi anche nella semplice promessa di pagare
un fitto in modo duraturo - ed è questo corrispettivo, di cui i coeredi
possono liberamente disporre, che rappresenta l'elemento distintivo di
una realizzazione di beni a tenore di legge (cfr. KÄNZIG, Der Begriff der
Realisation von Unternehmensgewinnen, ASA 41, 81 segg., in part. pag. 84;
BLÖCHLIGER, Steuerliche Probleme bei ererbten Unternehmen, tesi San Gallo
1974, pag. 115 segg.).

    c) Il caso in esame presenta tuttavia, per rapporto a quelli
sopraesposti, una particolarità determinante; in effetti, gli eredi
X. non hanno finora pertoccato corrispettivo alcuno, né siffatta mercede
è stata loro ipoteticamente promessa. L'azienda alberghiera a suo tempo
gestita dalla madre è rimasta infatti semplicemente inattiva, senza che i
ricorrenti abbiano comunque adottato in proposito eventuali disposizioni;
fino ad oggi, infatti, i ricorrenti non si sono mai accordati sulla
destinazione futura del Grand Hotel P., e se M. X., la dott. M.-X. e la
dott. Y. de T.-X. sembrano praticamente disposti a riprendere l'attività
aziendale, gli altri coeredi propendono invece per la cessazione definitiva
ed irrevocabile dell'attività stessa. In queste precarie circostanze,
sarebbe quindi un fuor d'opera parlare di liquidazione degli attivi
commerciali più importanti, vale a dire, in casu, d'una realizzazione
degli immobili aziendali. Certo, con il licenziamento del personale
alberghiero e con l'accertata impossibilità per due soli coeredi di
proseguire con l'attività commerciale, l'azienda stessa è entrata per così
dire in liquidazione; tuttavia, ciò non costituisce di per sé un fatto
fiscalmente determinante poiché non v'è ancora realizzazione di singoli
beni dell'attivo aziendale ai sensi dell'art. 21 cpv. 1 lett. d DIN. Basti
ricordare che il decreto del 1940 assoggetta all'imposta i profitti
in capitale conseguiti sui singoli elementi della sostanza commerciale
soltanto al momento della loro effettiva realizzazione (cfr. per tutte,
DTF 82 I 115 consid. 1): ora, nei casi di beni immobiliari aziendali
pertoccati in via successoria, può legittimamente parlarsi di realizzazione
("Verwertung", "réalisation") soltanto se gli eredi hanno potuto accordarsi
sulla destinazione futura di codesti immobili o se il destino dei medesimi
è stato definitivamente deciso con sentenza giudizialmente composta.

    Ciò premesso, si deve quindi riconoscere l'evidente diversità
della situazione concreta. I ricorrenti non hanno mai rinunciato
ad una divisione provvisoria dell'eredità né hanno quindi fondato
una comunione ereditaria duratura, ma nessuno ha comunque preteso
che essi abbiano eventualmente differito la detta divisione per
considerazioni essenzialmente fiscali. Si deve per contro ritenere che
gli stessi ricorrenti non hanno ancora adottato disposizioni fiscalmente
rilevanti e tali da sostanziare una realizzazione dei beni immobiliari
ai sensi dell'art. 21 cpv. 1 lett. d DIN. È per conseguenza pacifico che
l'imposizione delle plusvalenze conseguite su attivi aziendali non ancora
liquidati debba esser ulteriormente aggiornata, in attesa che gli attivi
stessi siano definitivamente ed effettivamente alienati o realizzati: come
già rilevato in precedenza, il profitto in capitale imponibile a norma di
legge presuppone infatti un atto d'alienazione o un atto di realizzazione,
vuoi dell'intera azienda, vuoi di singoli beni dell'attivo aziendale
(v. MASSHARDT/GENDRE, ad art. 21 cpv. 1 lett. d DIN, n. 60, pag. 113;
BOTTOLI, op.cit., pagg. 60/61).

    d) Vero è che se un contribuente obbligato a tenere libri contabili
cessa l'attività commerciale e chiede una tassazione intermedia giusta
l'art. 96 DIN, si ammette di regola che gli immobili aziendali ch'egli
conserva passano, con tale cessazione, nel suo patrimonio privato,
senza che subentri a questo punto una vera e propria "alienazione
o realizzazione di beni": il momento determinante è infatti quello
dell'estrazione contabile dei beni dell'attivo che vengono distolti
dalla loro destinazione al servizio dell'azienda per ricevere una nuova
destinazione nell'interesse privato del proprietario (v. DTF 79 I 366/369
consid. 2; ASA 46, 114 consid. 1). In casi di questa indole, la tassazione
intermedia deve tuttavia essere eseguita, almeno per principio, sulla
scorta di una dichiarazione completa e fiscalmente ineccepibile, con cui il
contribuente chiede di fatto la liquidazione fiscale dell'azienda stessa:
questa sua manifestazione di volontà porta quindi alla nascita del credito
fiscale all'incirca come se il contribuente avesse allibrato il plusvalore
in un bilancio di liquidazione (art. 21 cpv. 1 lett. f DIN). Se per contro
una simile dettagliata dichiarazione non è presentata, si dovrà allora
riconoscere che l'imposta sull'utile di liquidazione diverrà esigibile
soltanto con l'alienazione o la realizzazione degli immobili aziendali
(cfr. ASA 47, 418 segg.).

Erwägung 12

    12.- Come già rilevato in ingresso, la Camera di diritto amministrativo
s'è rivolta all'Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC),
alla CDT e alle Amministrazioni dell'imposta per la difesa nazionale dei
Cantoni di Ginevra, Zurigo, Basilea Città e Ticino onde ragguagliarsi
sugli effetti pratici d'un eventuale differimento dell'esigibilità della
pretesa fiscale nei casi speciali concernenti - come quello in esame -
una successione indivisa. Ora, le osservazioni presentate da codeste
autorità con riferimento alla prassi in uso nei rispettivi cantoni non
hanno evidenziato argomenti di peso che potrebbero eventualmente infirmare
la sopraccennata opinione del Tribunale federale, basata in particolare
sulla sentenza 28 aprile 1972 in re F. L. (ASA 41, 450 segg.). Anzi,
dai relativi allegati si desume in ogni caso che la tesi delle autorità
ticinesi, secondo cui la definitiva terminazione dell'attività commerciale
già scioglierebbe l'imposta annuale su tutti gli attivi appartenenti
alla sostanza aziendale, è lungi dall'esser condivisa ovunque, mentre
la giurisprudenza del Tribunale federale illustrata nella predetta
sentenza coincide piuttosto con la prassi seguita in casu dal Tribunale
amministrativo del Cantone di Zurigo.

    a) In risposta alla menzionata richiesta, l'Amministrazione delle
contribuzioni del Cantone Ticino ha rilevato, tra l'altro, che l'autorità
fiscale esegue senz'altro la tassazione dell'utile di liquidazione quando
non vi son più ragionevoli motivi per credere in una possibile ed eventuale
continuazione dell'attività aziendale. Per contro, se si dovesse tener
sospesa la detta tassazione fino all'atto della divisione ereditaria si
favorirebbero "possibili ed ingiustificati abusi": ragioni di principio
impongono pertanto di concludere che l'imposta sull'utile di liquidazione
diventa esigibile con la cessazione definitiva dell'attività commerciale.

    Questi argomenti non cadono in acconcio. È pacifico infatti che
le autorità fiscali, dopo la morte di chi lascia l'eredità, hanno
sempre il diritto di avviare la procedura di tassazione, notificando al
contribuente l'apposito formulario di dichiarazione, ciò che porterà in
ogni caso all'interruzione del termine di perenzione. Dalla scadenza
del credito d'imposta decorrerà certo la prescrizione di cinque anni
prevista dall'art. 128 DIN, il cui corso è però interrotto da qualsiasi
atto ufficiale inteso all'accertamento o all'esazione del credito stesso
(v. DTF 97 I 176; 88 I 45 segg.; ASA 18, 139 segg.; inoltre, BOTTOLI,
op.cit., pag. 121). Ora, la procedura di tassazione può benissimo essere
aperta anche se le autorità fiscali ritengono che l'imposta annuale diverrà
forse esigibile soltanto più tardi, e le stesse autorità possono inoltre
fissare agli eredi un termine affinché annuncino ogni loro decisione in
merito alla realizzazione degli immobili aziendali, giusta l'art. 21 cpv. 1
lett. d DIN. Sta di fatto tuttavia che la mera rottura di un contratto
d'affitto provvisorio stipulato con due coeredi dall'amministratore della
successione senza l'avallo di tutti gli eredi non può comunque esser
parificata ad un accordo fra gli eredi stessi circa la realizzazione dei
beni, né equivale ovviamente ad una sentenza giudiziale di divisione.

    b) Alla sua risposta dell'8 febbraio 1978, l'Amministrazione fiscale
del Cantone di Zurigo ha allegato le più importanti decisioni emanate
sulla questione dalla Commissione cantonale di ricorso e dal Tribunale
amministrativo. Da queste pronunzie si desume in particolare che la sola
cessazione dell'attività aziendale da parte di una comunione ereditaria non
giustifica come tale l'imposizione di un utile di liquidazione; in linea di
principio, dette autorità reputano invece determinante la liquidazione di
singoli beni dell'attivo già appartenenti alla sostanza aziendale. D'altro
canto, il possibile trasferimento di codesti beni dalla sfera commerciale
a quella privata presuppone sempre, secondo le autorità zurighesi, un atto
di volontà dei proprietari, che gli organi fiscali non possono ottenere
coattivamente, e che attesti soprattutto il cambiamento di destinazione dei
beni stessi (cfr. sentenza 22 dicembre 1965 del Tribunale amministrativo,
in ZBl 67/1966, 163). Parecchie decisioni della Commissione cantonale
di ricorso e del Tribunale amministrativo, che risalgono peraltro fino al
1935, insegnano inoltre che, per il calcolo dell'imposta sui profitti in
capitale, è determinante l'ammontare effettivo della controprestazione
realmente pertoccata e che la cessione in affitto dell'azienda da parte
di una comunione ereditaria rappresenta spesso un semplice ripiego e deve
allora esser considerata quale misura essenzialmente transitoria. Secondo
la prassi zurighese, sia l'inizio che la fine dei rapporti locatizi non
costituiscono come tali atti di realizzazione né sostanziano pertanto
un'eventuale liquidazione di singoli beni dell'attivo commerciale;
e persino le operazioni di liquidazione rientrano ancora nell'attività
aziendale anche se, per avventura, dovessero protrarsi per alcuni anni. Per
quanto concerne infine il possibile trasferimento di sostanza commerciale
nel patrimonio privato, occorre poi imporsi, secondo le autorità cantonali,
il massimo riserbo, già per il fatto che i beni della sfera aziendale
conservano ulteriormente questa caratteristica dopo la cessazione
dell'attività commerciale, finché gli interessati non abbiano debitamente
comprovato l'utilizzazione privata dei beni stessi (su questi problemi nel
Canton Zurigo, v. Rechenschaftsberichte Oberrekurskommission 1935, n. 19;
1936, n. 4; 1939, n. 17-18; 1941, n. 16; 1951, n. 10; 1953, n. 12-13;
1954, n. 20-21; Verwaltungsgericht 1965, n. 35, decisione apparsa inoltre
in ZBl 67/1966, 163).

    Certo, l'Amministrazione delle contribuzioni del Canton Zurigo non
sembra condividere totalmente questa giurisprudenza. Nelle succitate
osservazioni 8 febbraio 1978 al Tribunale federale, essa rileva infatti
che, quantomeno per principio, sarebbe preferibile imporre l'utile di
liquidazione all'atto della conclusione dell'attività aziendale. La detta
tassazione potrebbe invece esser differita soltanto se il contribuente
dichiara esplicitamente di non voler distogliere gli attivi aziendali
dalla loro destinazione al servizio dell'azienda e si impegna altresì
ad annunciare all'autorità fiscale qualsiasi ulteriore mutamento della
destinazione stessa. Aperta rimane invece la questione di sapere se,
nell'ambito dei rapporti di proprietà che vigono nella comunione ereditaria
(cfr. art. 602 cpv. 2 CC), un unico erede od un gruppo di essi possa
determinare la cosiddetta riconduzione a sostanza privata della sua
quota mediante esplicita manifestazione di volontà in tal senso, o se,
per contro, questa stessa manifestazione già provoca la perdita della
precedente destinazione aziendale degli attivi nei confronti d'ogni
partecipante alla comunione ereditaria. Ove gli eredi siano domiciliati
in cantoni diversi, è inoltre determinante - secondo lo Steueramt di
Zurigo - che l'autorità cantonale chiamata ad eseguire la tassazione per
l'avvenuto trapasso a sostanza privata orienti le amministrazioni fiscali
dei cantoni interessati, competenti poi ad assoggettare all'imposta
gli altri coeredi. Ad ogni modo, i contribuenti debbono essere indotti
a dichiarare le riserve realizzate con la comminatoria delle pene
previste dagli art. 129 e segg. DIN, mentre la realizzazione nel senso
sopraesposto non può comunque esser differita per quanto concerne i valori
appartenenti alla sostanza mobile, ma unicamente per quel che attiene ai
beni immobiliari di natura aziendale.

    In un rapporto 20 dicembre 1961 allegato dall'Ufficio delle imposte e
relativo alla revisione 1962 della legge tributaria zurighese (§ 19 lett. b
e 25 lett. b), si legge inoltre che le autorità fiscali cercano in linea
di principio d'ottenere dal contribuente una dichiarazione scritta con
cui quest'ultimo si determina in merito alla futura destinazione degli
attivi commerciali (cfr. Rechenschaftsberichte Oberrekurskommission 1954,
n. 22). Le autorità zurighesi dispongono in particolare d'un formulario
speciale, che il contribuente riempie e sottoscrive in caso d'affitto di
sostanza investita nell'azienda, quando lo stesso contribuente intende
rinviare la tassazione a più tardi, lasciando intanto agli immobili la
loro destinazione aziendale. Firmando questo formulario, il contribuente
riconosce pertanto che la cessione in affitto non riveste ancora carattere
definitivo e si impegna inoltre ad avvertire l'autorità fiscale in caso
di rinuncia ad una futura gestione in proprio dell'azienda o di vendita
dell'azienda stessa.

    c) Nelle sue osservazioni del 30 gennaio 1978, l'Amministrazione
federale delle contribuzioni ha rilevato, tra l'altro, che la tassazione
precoce degli utili provenienti da immobili aziendali favorisce in linea di
principio il contribuente poiché, a lunga scadenza, i prezzi dei terreni
tendono a salire; sotto questo risvolto, il caso in esame sarebbe quindi
del tutto atipico, avendo i fondi dei ricorrenti subito una concreta
svalutazione. Secondo l'AFC, il rinvio della tassazione esporrebbe poi
l'autorità fiscale al rischio di non vedersi notificata una realizzazione
di beni attuatasi soltanto in seguito, per cui il fatto imponibile
potrebbe anche cadere in dimenticanza, o di lasciarsi sfuggire il momento
effettivo in cui realmente si perfeziona il trasferimento di beni nella
sostanza privata o l'eventuale alienazione dei medesimi. D'altro canto,
v'è anche il pericolo che le riserve occulte non ancora tassate sfuggano
all'imposta diretta, contro la volontà esplicita del legislatore. Per
questi motivi, il contribuente deve dimostrare soprattutto che la
soprassedenza alla tassazione appare comunque nel suo caso per più
di un verso necessaria. L'AFC conclude poi osservando che, per i casi
particolari, che presentano caratteristiche del tutto anomale, non possono
essere tracciate direttive generali.

    d) L'Amministrazione fiscale del Cantone di Ginevra, postulando
anzitutto la scelta di principi chiari che possano esser applicati senza
difficoltà ed esitazioni, riconosce in linea di massima che se si fissa
la nascita del credito fiscale all'atto dell'effettiva realizzazione o
alienazione dei beni immobiliari aziendali pertoccati in via successoria,
si opta in effetti per la soluzione più realista, evitando in particolare
stime e calcoli poco sicuri.

    e) Con le sue osservazioni del 31 gennaio 1978, l'Amministrazione
dell'IDN del Cantone di Basilea Città ha tracciato una panoramica dei
problemi che si pongono all'autorità fiscale in caso di trapasso ereditario
di un'azienda. Anche per le autorità basilesi, occorre dare soprattutto
alla norma tributaria una corretta interpretazione affinché il fisco
possa cautelarsi da ingiustificate eccezioni di prescrizione o perenzione.

Erwägung 13

    13.- Alla luce della prassi cantonale e della già menzionata sentenza
del 28 aprile 1972 (ASA 41, 450), si deve pertanto ammettere che, comunque
si vogliano considerare le cose, la pretesa fiscale nei confronti d'una
comunione ereditaria diventa esigibile soltanto con l'alienazione o la
realizzazione stabile e definitiva degli immobili aziendali, a meno che
tutti gli eredi o alcuni di essi, con espressa dichiarazione in tal senso,
abbiano promosso il prematuro trasferimento della loro quota ereditaria
dalla sfera commerciale al rispettivo patrimonio privato. Orbene, nel
concreto caso, ove non v'è stata alcuna alienazione o cessione duratura in
affitto dei beni aziendali, le autorita cantonali non pretendono neppure
che un solo ricorrente abbia eventualmente rilasciato una dichiarazione
di tal fatta, determinando in questo modo il cosiddetto passaggio a
sostanza privata.

    Ingiustificate o comunque irrilevanti in quest'ambito sono poi
le apprensioni di alcune amministrazioni cantonali, secondo cui il
differimento del termine d'esigibilità della pretesa fiscale potrebbe
anche complicare la riscossione stessa dell'imposta. Dopo la morte del
titolare dell'impresa, le autorità fiscali dispongono infatti d'un termine
di tre anni per cominciare la tassazione, inviando agli interessati un
primo atto ufficiale, anche se le questioni relative alla nascita del
credito d'imposta non sono state ancora definitivamente acclarate. D'altro
canto, le predette autorità possono anche chiedere ai singoli eredi di
determinarsi con un'esplicita manifestazione di volontà, onde sapere se
essi propendono per un immediato trasferimento della loro parte di beni
immobiliari aziendali nel rispettivo patrimonio privato o se vogliono
invece ritardare codesto passaggio sino al termine legale d'esigibilità,
ossia, in altre parole, sino a decisione definitiva sull'alienazione
o la realizzazione degli immobili aziendali. In quest'ultima ipotesi,
occorrerà tuttavia rammentare ai coeredi che, caduta questa decisione,
essi dovranno denunciare al fisco il fatto imponibile, indicando tutti
i fattori importanti per stabilire l'estensione dell'obbligo fiscale.

Erwägung 14

    14.- Da quanto sopra discende che, chiaramente a torto, l'autorità
del Cantone Ticino ha considerato esigibile la pretesa fiscale litigiosa
già nel 1969, intimando agli eredi ricorrenti la tassazione ai fini
dell'imposta annuale sui profitti in capitale e sul plusvalore, giusta
gli art. 21 cpv. 1 lett. d e 43 DIN. Per quanto attiene all'IDN 15o
periodo, l'impugnata decisione della CDT s'avvera pertanto lesiva del
diritto federale e dev'essere annullata. In accoglimento dei ricorsi
di diritto amministrativo proposti da A. G.-X., dalla dott. M. X. e da
M. X., gli atti sono quindi restituiti all'autorità competente che emanerà
una nuova tassazione quando i beni immobiliari aziendali dei ricorrenti
saranno alienati o realizzati giusta l'art. 21 cpv. 1 lett. d DIN, nel
senso testé esposto.

Erwägung 15

    15.- Per quanto concerne l'imposta cantonale 1969, non diversa è la
sorte della sentenza impugnata, ancorché il potere cognitivo del Tribunale
federale - essendo in gioco l'applicazione e l'interpretazione di norme del
livello legislativo - sia qui limitato ad eventuali violazioni dell'art. 4
Cost., ed in ispecie all'arbitrio (supra consid. 3: inoltre sentenza 17
febbraio 1978 in re B., apparsa nella Rivista tributaria ticinese (RTT)
1978, 121 segg., in part. 124b; BOTTOLI, op.cit., pag. 140).

    a) Secondo l'art. 19 cpv. 2 LT, sono (pure) considerati reddito di
azienda i profitti in capitale conseguiti nell'esercizio di un'azienda
avente l'obbligo di tenere una contabilità mediante l'alienazione
o la realizzazione di beni mobiliari (specialmente titoli e valori)
e immobiliari (lett. b), nonché i benefici di liquidazione in caso
di cessazione o di alienazione di un'azienda o di trasferimento della
stessa fuori Cantone, i guadagni risultanti dalla cessione di clientela,
ecc. (lett. c). L'art. 75 LT dispone poi che se l'assoggettamento
all'imposta cessa oppure si è proceduto ad una tassazione intermedia
(art. 74 LT), oltre all'imposta ordinaria sul reddito è dovuta un'imposta
annuale sui profitti in capitale e sul plusvalore nel senso dell'art. 19
cpv. 2 lett. b, c e d conseguiti durante il periodo di computo e quello
di tassazione, con l'aliquota applicabile unicamente a questo reddito
(cpv. 1). I profitti in capitale ed il plusvalore soggetti a codesta
imposta non sono compresi nel computo dell'imposta sul reddito ordinario
(cpv. 2). Nel calcolo dell'imposta annuale prevista da questo articolo,
non si tiene inoltre conto di alcuna deduzione (cpv. 3).

    b) Come già rilevato ed altresì riconosciuto tanto dalla CDT nella
sentenza impugnata (consid. 5, pag. 31), quanto dall'ACC nella sua risposta
(punto 2, pag. 9), l'imposta speciale sui profitti in capitale e sul
plusvalore giusta gli art. 19 cpv. 2 lett. b c e 75 LT è strutturata
alla stessa stregua della corrispondente imposta federale annuale ai
sensi degli art. 21 cpv. 1 lett. d e 43 DIN, con la sola differenza -
peraltro ininfluente nel concreto caso - che l'art. 19 cpv. 2 lett. c LT si
applica anche ad aziende non aventi l'obbligo di tenere libri contabili. È
pertanto evidente che i principi validi per l'applicazione delle norme
di diritto cantonale sono identici a quelli invalsi nei confronti delle
disposizioni del diritto federale: per entrambe le imposte, torna quindi
applicabile, in altre parole, la prassi instauratasi attorno alla norma
del decreto 9 dicembre 1940 del Consiglio federale (cfr. inoltre, in
questo contesto, l'art. 18 cpv. 2 della nuova legge tributaria del 28
settembre 1976, ove il legislatore ticinese ha dichiarato imponibili
i profitti in capitale e gli utili di liquidazione conseguiti mediante
l'alienazione, la realizzazione, il trasferimento nella sostanza privata,
o in imprese o stabili organizzazioni fuori Cantone di beni mobiliari
e immobiliari aziendali, compresi i valori immateriali, aggiungendo
altresì che, al trasferimento nella sostanza privata, è parificata
la cessione in affitto di un'azienda, qualora non sia manifestamente
di natura transitoria). Quanto è stato detto per l'IDN vale quindi,
mutatis mutandis, anche per l'imposta cantonale. Ora, se in base a
codesti principi e sulla scorta di codesta prassi, il Tribunale federale
ha stabilito che il credito fiscale vantato dall'autorità cantonale non
era in effetto ancora sorto, che ancora non v'era stata una realizzazione
(o un'alienazione) di beni immobiliari aziendali ai sensi dell'art. 21
cpv. 1 lett. d DIN, è finanche palese che detto credito non potesse
essere esposto neppure con riferimento all'imposta cantonale. Per quanto
attiene a quest'ultima imposta, la decisione impugnata appare pertanto
insostenibile e chiaramente sbagliata e, come tale, assurge ad arbitrio
(v. DTF 100 Ia 468 e, per un ragionamento analogo, la sentenza 17 giugno
1977 in re T., apparsa in Rep. 1978, 22 segg., in part. 29 consid. 7).
Considerato infatti che l'ordinamento giuridico cantonale è sostanzialmente
consimile a quello federale e che i problemi di fatto e di diritto posti
dall'attuale vertenza e connessi all'applicazione delle norme cantonali
e federali sono altrettanto identici, sarebbe ovviamente un fuor d'opera
assoggettare all'imposta cantonale un profitto in capitale (dell'ordine di
20 milioni) non ancora conseguito per mancanza d'una qualsiasi alienazione
o realizzazione dei beni immobiliari aziendali. Le stesse ragioni che
rendono attualmente illegittima la tassazione ai fini dell'IDN 15o periodo,
fanno apparire altrettanto insostenibile la corrispondente tassazione
relativa all'imposta cantonale sui profitti in capitale e sul plusvalore.

    c) Tutti i ricorsi di diritto pubblico proposti dagli eredi
X. s'avverano di conseguenza ugualmente fondati, ciò che comporta
l'automatico annullamento della pronunzia impugnata anche per quanto
attiene all'imposta cantonale. IV. Altre censure

Erwägung 16

    16.- L'accoglimento dei ricorsi per le ragioni anzidette rende
inutile l'esame d'un certo numero di censure opposte dagli eredi X. alla
sentenza impugnata, ma rese inattuali per difetto dei presupposti che
giustificano l'eventuale imposizione di un utile di liquidazione. Sotto
questo risvolto, torna pertanto superfluo esaminare le eccezioni di
perenzione e prescrizione sollevate dai ricorrenti e i problemi relativi
al valore commerciale degli immobili nel 1969. Ragioni di principio e
d'economia processuale impongono per contro la disamina di quegli argomenti
che attengono all'oggetto stesso dell'imposta e che appaiono pertanto
rilevanti ai fini della futura tassazione d'un profitto in capitale.
   (17.- Appartenenza della particella n. 1808 alla sostanza commerciale.)

Erwägung 18

    18.- Ripartizione del valore dell'immobile ("Wertzerlegung") sito al
mappale 1071.

    Per quel che attiene alla cennata particella, i ricorrenti rimproverano
inoltre alla Corte cantonale di non aver eseguito una ripartizione del
valore dell'immobile conformemente a quanto esposto dal Tribunale federale
in DTF 92 I 51 segg. rilevando in particolare che i cinque negozi situati
al pianoterra dell'albergo avrebbero dovuto essere assegnati alla sostanza
privata (trattasi più precisamente d'una tabaccheria, d'una gioielleria,
d'un salone per signora, d'un negozio di fotografo e d'una boutique che,
nel 1969, avevano ancora fruttato ai ricorrenti, in mercede, la somma di 36
720 franchi). La CDT ha giustificato infatti l'attribuzione degli stessi
alla sfera commerciale osservando in particolare che "l'esiguità della
loro superficie e la scarsa importanza economica - l'affitto contribuiva
al reddito netto in misura inferiore al 10% - non permette di escluderli
dal complesso aziendale" (sentenza impugnata, consid. 7 in fine).

    a) Il 23 giugno 1969, l'AFC ha emanato un "Promemoria quanto alla
tassazione degli utili provenienti da immobili adibiti in parte a
scopi commerciali e in parte a scopi privati" (ripartizione del valore
dell'immobile - partage de la valeur de l'immeuble - Wertzerlegung),
apparso in ASA 38, 128 segg. e 131 segg. per la versione tedesca
e francese e nella Rivista tributaria ticinese 1969, 108 segg. per
la versione italiana. Detto promemoria è stato redatto in seguito
all'emanazione della sentenza 18 febbraio 1966 in re Schatzmann (DTF 92
I 49 segg. - ASA 35, 304 segg.), ove il Tribunale federale ha deciso
che, per la tassazione degli utili conseguiti da persone fisiche con
l'alienazione o la realizzazione di immobili utilizzati promiscuamente,
si deve - contrariamente alla vecchia prassi (cfr. MASSHARDT/GENDRE, ad
art. 21 cpv. 1 lett. d DIN, n. 76) - procedere ad una ripartizione del
valore del bene immobile e tassare soltanto l'utile attinente alla parte
dell'immobile adibita a scopi commerciali (v. circolare n. 15 dell'AFC, in
RTT 1969, pag. 108). Secondo l'autorità federale, la detta ripartizione del
valore non deve tuttavia essere effettuata in ogni caso: in particolare,
si può rinunciarvi quando "la destinazione privata dell'immobile era di
poca importanza rispetto al suo impiego a scopi commerciali, per esempio
quando il valore locativo della parte privata dell'immobile costituiva
meno del 10 per cento del valore locativo di tutto l'immobile".

    Anche se la cennata sentenza del Tribunale federale, peraltro
confermata in seguito (v. ad es. ASA 40, 339 segg.), è stata accolta
dalla dottrina con qualche riserva, le competenti autorità cantonali si
sono generalmente adeguate alle istruzioni dell'AFC, procedendo in seguito
secondo le direttive contenute nel promemoria (cfr. KÄNZIG, Ergänzungsband,
ad art. 21 DIN, n. 91; HÖHN, Steuerrecht, II ediz., pag. 117; COURVOISIER,
op.cit., pag. 261; GROSSMANN, op.cit., pag. 32 e riferimenti, in part. nota
n. 5; BOTTOLI, op.cit., pag. 52). Ciò è segnatamente il caso nel Cantone
Ticino, ove tanto la CDT (implicitamente, con riferimento a STEINMANN, Das
Grundstück als Gegenstand des Geschäftsvermögens im Wehrsteuerrecht, ASA
44, 561 segg., in part. 582, nota n. 84), quanto l'ACC nelle osservazioni
di risposta (pag. 20 d) hanno chiaramente alluso alla già menzionata
circolare dell'AFC. In questo contesto, giova peraltro rilevare che la
ripartizione del valore di un immobile a sfruttamento misto sostanzia
in modo generale un principio basilare dell'equità in materia fiscale,
poiché permette al contribuente che ha conseguito un profitto giusta
l'art. 21 cpv. 1 lett. d DIN di sottrarre legalmente all'imposta quella
frazione d'utile che corrisponde alla parte dell'immobile adibita a scopi
privati; in altre parole, soltanto l'utile immobiliare che ricade nella
sfera commerciale entra in linea di conto per il calcolo dell'imposta sulla
difesa nazionale (cfr. ancora DTF 92 I 51 segg., in part. 53 e riferimenti;
promemoria citato, RTT 1969, 109). Nello spirito del decreto del 1940, la
cennata spartizione del valore deve tuttavia essere effettuata soltanto
se una parte importante dell'immobile non era chiaramente adibita a
scopi commerciali e non era quindi impiegata come tale nell'esercizio
aziendale. Orbene, quando l'AFC ha adottato il suo promemoria, si poteva
senz'altro sostenere che la detta ripartizione del valore non doveva esser
operata allorché il valore locativo della parte privata dell'immobile
alienato o realizzato costituiva meno del 10% del valore locativo globale,
vale a dire della mercede complessiva che il proprietario avrebbe ottenuto
se avesse locato l'intero immobile. Sotto questo profilo, le cennate
direttive dell'AFC appaiono pertanto conformi al diritto federale.

Erwägung 19

    19.- (Valore contabile degli immobili) (V. Spese processuali.)