Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 102 IV 198



102 IV 198

45. Sentenza del 27 agosto 1976 della Corte di cassazione penale nella
causa X. c. Procuratore pubblico della Giurisdizione sottocenerina.
Regeste

    BB vom 23. März 1961 (Fassung vom 30. September 1965/24. Juni
1970) über den Erwerb von Grundstücken durch Personen im Ausland;
Strafbestimmungen; Verfolgungsverjährung; Art. 64 StGB.

    1. Auch während der Geltungsdauer des BRB vom 26. Juni 1972 betreffend
Verbot der Anlage ausländischer Gelder in inländischen Grundstücken blieb
die Erschleichung einer Bewilligung zum Erwerb von Grundstücken durch
Personen im Ausland strafbar gemäss Art. 14 des BB vom 23. März 1961
(Erw. 2a).

    2. Der BB vom 23. März 1961 ist ein sog. Zeitgesetz (Erw. 2b).

    3. Art. 14 des BB vom 23. März 1961 (Fassung vom 30. September 1965);
Begriff des schweren Falles vorsätzlicher Verletzung der Bestimmungen
des Bundesbeschlusses (Erw. 3a).

    4. Für einen schweren Fall einer vorsätzlichen Straftat gemäss Art. 14
des BB vom 23. März 1961 (Fassung vom 30. September 1965) verjährt die
Strafverfolgung in fünf Jahren (Erw. 3b).

    5. Der Strafmilderungsgrund des Ablaufs verhältnismässig langer Zeit
(Art. 64 vorletzter Abs. StGB) ist nur gegeben, wenn im Zeitpunkt der
Urteilsfällung die Strafverfolgung der ordentlichen Verjährung nahe ist
(Bestätigung der Rechtsprechung) (Erw. 5).

Sachverhalt

    A.- X. dichiarava, in modo contrario al vero, nel periodo di tempo
compreso tra il 25 agosto 1970 e il 27 giugno 1972, in occasione di quattro
negozi relativi a trasferimenti di proprietà immobiliare, che al capitale
delle società acquirenti non partecipavano persone straniere o che persone
straniere non esercitavano altrimenti su di esse un influsso finanziario.

    Con sentenza del 27 febbraio 1976 il Presidente delle Assise
correzionali di L. dichiarava X. colpevole di violazione aggravata del
decreto federale concernente l'autorizzazione per l'acquisto di fondi da
parte di persone all'estero, del 23 marzo 1961, e lo condannava ad una
pena di tre mesi di detenzione, sospesa condizionalmente, e ad una multa
di Fr. 10'000.--.

    Il 14 maggio 1976 la Corte di cassazione e di revisione penale del
Cantone Ticino respingeva il ricorso proposto da X. contro tale decisione.

    X. è insorto con ricorso per cassazione al Tribunale federale avverso
la decisione della Corte cantonale. Egli postula l'annullamento della
sentenza impugnata e il rinvio della causa all'Autorità cantonale perché
lo assolva.

Auszug aus den Erwägungen:

                   Considerando in diritto:

Erwägung 1

    1.- Il ricorrente fa valere in primo luogo che le infrazioni,
da lui come tali non contestate, erano già prescritte al momento
dell'inizio dell'azione penale, avviata il 5 maggio 1975 dal Procuratore
della giurisdizione sottocenerina. Ciò tanto nel caso in cui trovasse
applicazione, quale "lex mitior", il decreto del Consiglio federale che
vieta l'investimento di capitali stranieri in immobili svizzeri, del 26
giugno 1972, quanto in quello in cui si volesse applicare correttamente
l'art. 14 del decreto federale concernente l'autorizzazione per l'acquisto
di fondi da parte di persone all'estero, del 23 marzo 1961: nell'uno e
nell'altro caso tratterebbesi infatti sempre di contravvenzioni prescritte,
il termine di prescrizione essendo di un anno ai sensi dell'art. 109 CP,
o di due ai sensi dell'art. 5 cpv. 2 del DF per la protezione della moneta
dell'8 ottobre 1971.

Erwägung 2

    2.- a) Per entrare eventualmente in linea di conto quale legge più
favorevole all'imputato, ai sensi del principio espresso nell'art. 2 cpv. 2
CP, il decreto del Consiglio federale che vieta l'investimento di capitali
stranieri in immobili svizzeri, del 26 giugno 1972 (RU 1972 I 1238 segg.,
chiamato in seguito: DCF 26 giugno 1972) dovrebbe poter esser considerato,
rispetto al decreto federale concernente l'autorizzazione per l'acquisto
di fondi da parte di persone all'estero del 23 marzo 1961 (chiamato in
seguito: DF 23 marzo 1961), quale legge nuova e sostitutiva del decreto
federale testé citato. Tale relazione, che l'applicazione della regola
della "lex mitior" presuppone, non sussiste.

    Il DCF 26 giugno 1972 non ha abrogato il DF 23 marzo 1961, il quale,
nel testo del 24 giugno 1970 (RU 1970 I 1195 segg.), avrebbe dovuto
rimanere in vigore sino al 31 dicembre 1975 ma, modificato con il DF del
21 marzo 1973 (RU 1974 I 83 segg.), in vigore dal 1o febbraio 1974, ha
visto la sua validità prorogata sino al 31 dicembre 1977 in virtù di tale
ultimo decreto federale. Né il DCF 26 giugno 1972 avrebbe potuto abrogare
il DF 23 marzo 1961, mancando al Consiglio federale la competenza all'uopo
necessaria. Il DCF 26 giugno 1972 ha soltanto sospeso in ampia misura
la vigenza del DF 23 marzo 1961 (v. Messaggio del Consiglio federale
sull'acquisto di fondi da parte di persone all'estero, FF 1972 II 1055
n. II), nel senso che, nel sospendere la disciplina autorizzativa sino ad
allora operante per l'acquisto di fondi da parte di persone all'estero,
ha vietato per una durata limitata - e più precisamente sino alla
sua abrogazione, avvenuta il 31 gennaio 1974 - la conclusione di tali
negozi giuridici, eccettuando da tale divieto generale soltanto quelli
contemplati dall'art. 6 cpv. 2 lett. b e c del DF 23 marzo 1961. Il DCF
26 giugno 1972 ha d'altronde espressamente rinviato al DF 23 marzo 1961
per quanto concerne la cerchia delle persone soggiacenti al divieto (v.
art. 2 cpv. 1 DCF); altro rinvio è contenuto nell'art. 3 cpv. 2 DCF 26
giugno 1972, in cui si autorizza il Dipartimento federale di giustizia e
polizia a concedere, negli altri casi di cui all'art. 6 cpv. 2 del DF 23
marzo 1961, deroghe al divieto, se richieste da circostanze particolarmente
rigorose. Il DCF 26 giugno 1972 non conteneva disposizioni penali,
né potevano applicarsi a fattispecie come la presente le disposizioni
penali previste dal decreto federale per la protezione della moneta,
dell'8 ottobre 1971 (RS 941.11), su cui si fondava. Le disposizioni penali
contenute in quest'ultimo decreto federale puniscono, per ciò che può
entrare qui in considerazione, la trasgressione delle prescrizioni emanate
dal Consiglio federale in virtù del DF menzionato dell'8 ottobre 1971; tra
queste prescrizioni del Consiglio federale non figura alcuna che concerna
il conseguimento fraudolento di un'autorizzazione necessaria per l'acquisto
di fondi in Svizzera da parte di persone all'estero. Applicabile al
proposito era anche sotto l'imperio del DCF 26 giugno 1972 esclusivamente
l'art. 14 DF 23 marzo 1961. Impensabile è d'altronde che i fatti puniti
dall'art. 14 DF 23 marzo 1961 fossero esenti da sanzione penale durante
la vigenza del DCF 26 giugno 1972; basti pensare che il decreto federale
del 21 marzo 1973, che ha modificato il DF 23 marzo 1961, ha aggravato
sensibilmente le pene ed esteso notevolmente i termini di prescrizione
per le infrazioni alla disciplina autorizzativa.

    Poiché il DCF 26 giugno 1972 non ha stabilito alcunché circa il reato
contestato al ricorrente, né ha, in particolare, modificato in alcuna
guisa le disposizioni penali contenute al riguardo nel DF 21 marzo 1961,
è esclusa la possibilità di una sua applicazione diretta o indiretta nel
procedimento penale oggetto del presente giudizio.

    b) Abbondanzialmente può rilevarsi che l'applicazione del DCF 26
giugno 1972 e delle sanzioni previste dall'art. 4 del decreto federale
per la protezione della moneta, dell'8 ottobre 1971, non sarebbe comunque
possibile nella fattispecie neppure ove si ammettesse che tale normativa
avesse sostituito, anche agli effetti penali, quella dell'art. 14 DF
23 marzo 1961, ossia neppure ove si ammettesse che il DCF 26 giugno 1972
possa costituire eventualmente la "lex mitior" rispetto al DF 23 marzo 1961
vigente al momento in cui il reato è stato commesso. Infatti il principio
di cui all'art. 2 cpv. 2 CP non è, per concorde dottrina e giurisprudenza,
applicabile qualora il fatto oggetto dell'imputazione fosse punibile,
al momento della sua commissione, in virtù di una cd. legge temporanea
(Zeitgesetz), ossia di una legge destinata, espressamente o secondo la sua
funzione, a valere solo per una durata determinata (DTF 89 IV 113; SCHULTZ,
Allg. Teil I, pag. 86). Il successivo venir meno della punibilità, come
pure ogni altra successiva modifica legislativa favorevole all'imputato,
non si applicano in tal caso ai fatti commessi sotto l'imperio della legge
temporanea, salvo beninteso che la nuova legge preveda espressamente un
siffatto effetto retroattivo nelle sue disposizioni transitorie. Il DF
23 marzo 1961 può essere qualificato quale legge temporanea; la durata
della sua vigenza è stata sin dall'inizio limitata dal legislatore e le
successive modifiche apportate al suo testo, in vista della sua proroga,
sono state accompagnate, di volta in volta, dall'indicazione della nuova
durata della sua vigenza, limitata nel tempo (v. art. 19, quale contenuto
nel testo originario del DF 23 marzo 1961, in RU 1961, 219; art. 19,
quale figura nel DF che proroga l'ordinamento dell'autorizzazione per
l'acquisto di fondi da parte di persone all'estero, del 30 settembre 1965,
in RU 1965, 1242; art. 19, quale modificato dal DF con lo stesso titolo,
del 24 giugno 1970, in RU 1970, 1196; art. 33 della modificazione del 21
marzo 1973 del DF concernente l'autorizzazione per l'acquisto di fondi
da parte di persone all'estero, in RU 1974 I, 93). Poiché né il DCF 26
giugno 1972, né le disposizioni penali del DF per la protezione della
moneta, dell'8 ottobre 1971, considerate in ipotesi quali repressive della
violazione del DCF 26 giugno 1972, prevedono un effetto retroattivo della
loro disciplina, il ricorrente non potrebbe in alcun modo giovarsi di una
eventuale regolamentazione a lui più favorevole sotto il profilo penale,
contenuta nella menzionata normativa.

Erwägung 3

    3.- a) Conformemente all'art. 70 CP, l'azione penale si prescrive in
cinque anni se al reato è comminata una pena diversa dalla reclusione
perpetua o dalla reclusione. Per le contravvenzioni, ossia i reati per
cui è comminato l'arresto o la multa o soltanto la multa (art. 101 CP),
l'azione penale si prescrive in un anno (art. 109 CP).

    Comminata è ai sensi delle menzionate disposizioni la pena massima
prevista dalla norma penale per un fatto corrispondente alla definizione
legale del reato di cui trattasi (DTF 93 IV 11b). La legge segue questo
criterio astratto non solo nella disciplina della prescrizione, bensì
anche per distinguere tra crimini, delitti e contravvenzioni (art. 9 e
101 CP), nonché nel regolare il concorso di reati o di disposizioni penali
(art. 68 n. 1 CP). È infatti solo tale criterio che consente una disciplina
chiara e semplice, i cui effetti siano determinabili sin dall'inizio in
ogni caso concreto.

    Giusta l'art. 14 cpv. 1 del DF 23 marzo 1961 nel testo modificato il
30 settembre 1965 (RU 1965, pag. 1242), chiunque, affermando il falso o
dissimulando il vero, ottiene l'autorizzazione per un acquisto di fondi
nel senso degli art. 1 e 2, è punito con l'arresto o con la multa; punibili
sono pure il tentativo e la complicità. Nei casi gravi la pena è, secondo
il cpv. 2 dello stesso art. 14, la detenzione sino a sei mesi o la multa.

    La gravità del caso previsto dall'art. 14 cpv. 2 del DF 23
marzo 1961 (testo del 30 settembre 1965) non è, beninteso, desumibile
dall'intenzionalità dei fatti punibili: come già notato nella sentenza di
prima istanza, l'elemento intenzionale è comune a tutte le fattispecie
disciplinate dall'art. 14 DF 23 marzo 1961 modificato dal DF 30
settembre 1965; è soltanto la modificazione del 21 marzo 1973, qui non
applicabile perché posteriore all'epoca della commissione del reato,
che, nell'inasprire le norme penali intese a reprimere la violazione
delle disposizioni del decreto federale, ha dichiarato punibili anche le
infrazioni commesse per negligenza (v. art. 23 cpv. 1 lett. c, art. 24
ultima frase, art. 25 ultima frase, del DF del 21 marzo 1973). Il fatto di
ricorrere all'inganno non può comportare necessariamente la gravità del
caso: l'inganno è spesso elemento costitutivo della violazione repressa
dall'art. 14 DF 23 marzo 1961 (testo del 30 settembre 1965), nel quale è
espressamente dichiarato punibile, tra l'altro, "chiunque affermando il
falso o dissimulando il vero" ottiene l'autorizzazione per l'acquisto di
fondi ... (nel testo francese si parla di chi ottiene l'autorizzazione "par
des affirmations fallacieuses ou par la dissimulation de faits vrais";
in quello tedesco, di chi "eine Bewilligung ... durch Vorspiegelung
oder Unterdrückung von Tatsachen erschleicht"). Per ammettere un caso
grave, l'inganno è rilevante solo nella misura in cui esso si concreti
in un'attività particolarmente complessa, indice di un'intensa volontà
delittuosa. Né il fine d'arricchimento deve, di per se stesso, ove le
circostanze non lascino trasparire un disegno di lucro giusta l'art. 48
cpv. 2 CP, far qualificare senz'altro come grave un caso ai sensi
dell'art. 14 cpv. 2 DF 23 marzo 1961 (testo del 30 settembre 1965):
è ben noto che le violazioni del DF 21 marzo 1961 sogliono avvenire
per consentire a chi le commette di conseguire un interesse finanziario
(ad es., conseguimento di un trasferimento di diritti reali a proprio
vantaggio, ecc.). La gravità del caso non deve neppure necessariamente
risultare dall'elevato profitto conseguito o propostosi dall'agente,
pur potendo tale elemento costituire un indizio di una certa importanza.

    Può invece la gravità essere desunta dal numero notevole dei fatti
punibili, dalla qualità dell'agente, dalla complessità delle macchinazioni
messe in opera per violare il decreto federale, ecc. Tutti questi diversi
aspetti devono essere considerati attentamente dall'autorità competente
e raffrontati con gli eventuali altri esistenti in senso opposto (per
esempio, assenza di un fine di arricchimento, carattere sporadico della
violazione della disciplina legale, ecc.), suscettibili di far apparire
il caso come non grave ai sensi della menzionata disposizione.

    La nozione di "caso grave" ai sensi dell'art. 14 cpv. 2 è una nozione
giuridica. È quindi una questione di diritto, che può essere esaminata
come tale dalla Corte di cassazione del Tribunale federale, quella se un
caso debba o meno essere considerato grave ai sensi dell'art. 14 cpv. 2
DF 21 marzo 1961, e ciò sia sotto il profilo della valutazione preliminare
da compiersi ai fini di determinare la prescrizione, sia sotto il profilo
della pena da irrogare in concreto. Gli accertamenti di fatto su cui si
fonda la qualifica data dall'ultima autorità cantonale (per es. modalità
con cui è avvenuta l'infrazione, circostanze di tempo e di luogo, esistenza
od assenza di un fine d'arricchimento o di lucro, ecc., ecc.) sono invece
insindacabili in sede di decisione su ricorso federale per cassazione.

    Nella fattispecie il ricorrente è stato con ragione considerato
imputato d'un caso grave di violazione del DF 23 marzo 1961. Non perché
abbia commesso gli atti punibili intenzionalmente e nemmeno perché li
abbia commessi con l'inganno, o con il fine di arricchirsi, bensì perché
si tratta di infrazioni plurime, commesse, come rilevato dalla Corte
cantonale, professionalmente e ricorrendo a macchinazioni complesse
(costituzione di società di comodo), elementi tutti che non permettono
di equiparare tale caso a quello di semplici false dichiarazioni, fatte,
sia pure al fine di arricchirsi, in modo sporadico e senza ricorrere a
complicati artifici.

    b) Il ricorrente ritiene che al caso suo si applichi il termine
più breve della prescrizione, quello previsto dall'art. 109 CP per le
contravvenzioni ai sensi dell'art. 101 CP. Egli reputa che la prescrizione
di un anno di cui all'art. 109 CP si applichi a tutti i casi punibili
ai sensi dell'art. 14 DF 23 marzo 1961 (testo del 30 settembre 1965),
sia a quelli per i quali tale decreto commina l'arresto o la multa, sia
a quelli per i quali la pena prevista è la detenzione sino a sei mesi o
la multa. Egli si fonda al riguardo su un parere del Prof. Hans Schultz,
allegato agli atti.

    aa) Tra l'altro il ricorrente adduce che, se il legislatore ha previsto
per certi reati, nei casi di esigua gravità, pene di genere diverso da
quelle comminate per i casi di non esigua gravità (ad es. nell'art. 144
cpv. 2 CP, ricettazione: multa invece di reclusione o detenzione;
nell'art. 251 n. 3 CP, falsità in documenti: detenzione o multa, invece
di reclusione o detenzione), e se il termine di prescrizione per i casi
di esigua gravità rimane lo stesso che per i casi di non esigua gravità,
altrettanto deve valere in senso opposto: ossia anche per i casi gravi di
cui all'art. 14 cpv. 2 del DF 23 marzo 1961 (testo del 30 settembre 1965)
deve applicarsi lo stesso termine di prescrizione applicabile ai casi
non gravi. Tale argomento non è pertinente. Con l'art. 144 cpv. 2 CP,
per quanto concerne il reato di ricettazione, e con l'art. 251 n. 3 CP,
per quanto concerne il reato di falsità in documenti, il massimo della
pena dei reati rispettivi non è modificato, bensì è ampliato il limite
inferiore della pena per i casi di esigua gravità. Come già s'è detto,
per stabilire la durata del termine di prescrizione è determinante non il
limite inferiore, bensì quello superiore, dato che solo in tal modo si può
impedire agevolmente che l'azione penale si estingua prima che i fatti
di particolare gravità siano giudicati. La critica mossa dal ricorrente
alla giurisprudenza che ha ritenuto applicabile anche a casi non gravi il
termine prescrizionale applicabile per i casi gravi è irrilevante in questa
sede, poiché il caso del ricorrente è stato con ragione ritenuto grave,
sicché a nulla potrebbe giovargli nella fattispecie l'applicazione per
i casi non gravi di un termine più breve di quello per i casi gravi di
una stessa infrazione. È quindi superfluo esaminare nella fattispecie se
detta giurisprudenza (v. sentenza non pubblicata della Corte di cassazione
del 31 gennaio 1963 nella causa Ackermann; cfr. altresì THORMANN/OVERBECK
n. 3 ad art. 70 CP, il quale ritiene che per stabilire il limite massimo
della pena prevista per un reato debba tenersi conto delle aggravanti
previste nella parte speciale del codice penale) sia corretta o meno.

    bb) Il ricorrente ribadisce che, nell'adottare la disciplina
eccezionale di cui all'art. 14 DF 23 marzo 1961, il legislatore ha voluto
che la fattispecie incriminata conservasse, anche nei suoi casi gravi, la
peculiarità di reato minore risultante dalla modesta pena comminata. Se
è vero che la dicotomia tra casi ordinari e casi gravi, stabilita nella
disciplina degli effetti penali delle violazioni del decreto federale,
rappresenta, dal punto di vista formale, un'eccezione nella tecnica
legislativa, nulla suffraga l'esattezza dell'illazione che il ricorrente
ne trae, ossia che si sia voluto mantenere anche per i casi gravi il
termine di prescrizione previsto per i casi puniti astrattamente con la
multa o l'arresto. Per poter essere rilevante, tale preteso proposito
del legislatore dovrebbe essere riconoscibile nel testo stesso della
legge. Poiché il codice penale, la cui parte generale è applicabile in
virtù dell'art. 333 cpv. 1 CP anche al DF 23 marzo 1961, adotta, come
criterio per distinguere le varie specie di reati (art. 9 e 101 CP) e per
determinare i termini di prescrizione (art. 70 e 109 CP), il massimo della
pena comminata, la conclusione del ricorrente sarebbe fondata unicamente
ove fosse stato detto che il reato di cui all'art. 14 DF 23 marzo 1961,
pur essendo punibile nei casi gravi con la detenzione sino a sei mesi o
con la multa, è da considerarsi una contravvenzione, e che per esso il
termine di prescrizione è in ogni caso di un anno. Orbene, l'art. 14 DF
23 marzo 1961 non consente alcuna interpretazione in questo senso, né i
lavori preparatori confermano che il legislatore abbia avuto un proposito
di tal fatta. Nel disegno del Consiglio federale (FF 1960, pag. 1644 e
1652) era prevista nell'art. 14 come pena la detenzione fino a sei mesi
o la multa; il Consiglio Nazionale, su proposta della sua Commissione,
modificava tale testo nel senso che stabiliva, in unico capoverso,
quale pena l'arresto o la multa fino a Fr. 20'000.--, nei casi gravi
la detenzione fino a sei mesi; la multa poteva essere cumulata con la
detenzione, e il tentativo e la complicità erano dichiarati punibili
anche nella fattispecie contravvenzionale. Il relatore del Consiglio
Nazionale, Stadlin, dichiarava in tale occasione, l'8 dicembre 1960
(Boll.Sten. CN 1960, pag. 767), trattarsi di una precisazione, ciò che
poteva intendersi unicamente nel senso che si era voluto sottolineare
quanto risultava dalle disposizioni generali del codice penale (art. 48
n. 1, 50 cpv. 2), ossia l'importo massimo della multa e la possibilità
di cumulare la pena privativa della libertà personale con la multa,
ed estendere espressamente ai casi repressi con l'arresto o la multa la
punibilità del tentativo e della complicità (prevista per i crimini e
i delitti dagli art. 21-23 e 25 CP). Il Consiglio degli Stati approvava
in seguito, su proposta della propria Commissione, il testo - divenuto
poi quello definitivo del decreto federale - che comminava l'arresto o la
multa, dichiarava punibili anche il tentativo e la complicità, e stabiliva
in un capoverso separato per i casi gravi la pena della detenzione sino
a sei mesi o la multa. Il consigliere degli Stati Odermatt rilevava al
proposito, il 9 marzo 1961 (Boll.Sten. CS 1961, pag. 63), che erano state
omesse la disposizione per cui la detenzione e la multa potevano essere
cumulate, essendo applicabile l'art. 50 cpv. 2 CP, come pure l'indicazione
dell'importo massimo della multa, ciò che non comportava peraltro alcuna
modifica materiale. Nel Consiglio Nazionale i consiglieri nazionali
Stadlin e Borel osservavano infine, il 16 marzo 1961 (Boll.Sten. CN 1961,
pag. 110), colmando così la lacuna lasciata aperta dal consigliere degli
Stati Odermatt, che il Consiglio degli Stati aveva soppresso la menzione
dell'importo massimo della multa, perché esso già era indicato nell'art. 48
CP e perché quest'ultima disposizione stabilisce inoltre la regola ben
più importante, secondo cui, in caso di reato commesso a fine di lucro,
il giudice non è vincolato all'importo massimo. Il Consiglio Nazionale
approvava la modifica effettuata dal Consiglio degli Stati. Nelle sue
osservazioni del 16 marzo 1961 il consigliere nazionale Borel aveva quindi
dato chiaramente a divedere che, allorquando aveva parlato in occasione
della prima deliberazione nel Consiglio Nazionale (dell'8 dicembre 1960;
Boll.Sten. CN 1960, pag. 767) di "contraventions" alludendo tanto ai casi
non gravi, quanto a quelli gravi, egli aveva usato questo termine non in
senso tecnico di reati giusta l'art. 101 CP, bensì nel senso più generale
di infrazioni.

    Discende da quanto sopra che dalla genesi dell'art. 14 DF 23
marzo 1961 non può essere tratto alcun elemento a suffragio della tesi
per cui il legislatore avrebbe voluto che la fattispecie incriminata
nell'art. 14 DF 23 marzo 1961 conservasse, anche nei casi gravi puniti
con la detenzione fino a sei mesi o con la multa, la propria peculiarità
di reato minore quale risultante dalla modesta pena comminata. I relatori
delle Camere federali hanno espresso esplicitamente quale dovesse essere
a loro avviso il massimo della multa, di guisa che su questo punto non
sussiste alcun dubbio sulla volontà del legislatore. Analogamente hanno
manifestato di considerare i casi gravi dell'infrazione come delitto e
non come contravvenzione in senso tecnico, e ciò malgrado la menzione
della punibilità del tentativo e della complicità (punibilità indicata
solo con riferimento alla fattispecie contravvenzionale, repressa con
l'arresto o la multa, per la fattispecie delittuosa già risultando dagli
art. 21-23 e 25 CP).

Erwägung 4

    4.- Il ricorrente ritiene iniquo, alla luce di considerazioni tratte
dal diritto penale e d'altro genere, che i termini di prescrizione per
le trasgressioni del DCF 26 giugno 1972 siano più brevi di quelli del
DF 23 marzo 1961, benché il DCF 26 giugno 1972 comporti una disciplina
più rigorosa ed ampia di quella del DF 23 marzo 1961. Tale argomento è
irrilevante ai fini del giudizio. Come già illustrato, il ricorrente era
soggetto, anche durante la vigenza del DCF 26 giugno 1972, alle norme
penali del DF 23 marzo 1961/30 settembre 1965, e non già a quelle del
DF dell'8 ottobre 1971 per la protezione della moneta. La differenza
della durata dei termini di prescrizione previsti rispettivamente dal DF
23 marzo 1961 e dal DF 8 ottobre 1971 è di conseguenza ininfluente nel
caso concreto.

    Né fondata appare sotto questo profilo la censura del ricorrente,
secondo cui l'autorità cantonale non avrebbe considerato l'assenza
di condanne anteriori, la sua buona reputazione e il tempo trascorso
dalla commissione dei reati. Infondata sarebbe pure se il ricorrente
intendesse con essa far valere che la Corte cantonale non ha commisurato
esattamente la pena. La Corte di cassazione del Tribunale federale può
infatti sindacare la misura della pena soltanto ove il giudice cantonale
di merito abbia ecceduto il proprio potere di apprezzamento, ossia abbia
pronunciato una sentenza indifendibile, cioè arbitrariamente rigorosa o
arbitrariamente mite (DTF 92 IV 119). Nella fattispecie, di fronte alla
gravità dei reati commessi dal ricorrente, la pena inflitta a quest'ultimo
non può in alcuna guisa essere ritenuta arbitrariamente rigorosa, anche
se si tien conto debitamente, nel quadro dell'art. 63 CP, del fatto che
egli fosse incensurato e di buona reputazione e che fosse trascorso un
certo tempo dalla commissione dei reati.

Erwägung 5

    5.- Il ricorrente adduce infine che la Corte cantonale ha a torto
omesso d'applicare l'attenuante prevista dall'art. 64 CP, secondo cui
il giudice può attenuare la pena se è trascorso un tempo relativamente
lungo dal reato e se durante questo tempo il colpevole ha tenuto buona
condotta. Anche tale censura è priva di fondamento. La giurisprudenza
ha stabilito che deve ritenersi trascorso un tempo relativamente lungo
dal reato allorquando è prossimo il termine ordinario di prescrizione
dell'azione penale (DTF 92 IV 202 seg.). Questo presupposto non è
adempiuto nella fattispecie, essendosi l'attività delittuosa del ricorrente
protratta sino al 27 giugno 1972 ed essendo quindi trascorsi da allora
sino alla sentenza di prima istanza (27 febbraio 1976) meno di quattro
anni; mancava cioè, al momento in cui fu emanata tale sentenza, ancora
più di un anno fino alla scadenza del termine ordinario di prescrizione
(nel caso concreto di cinque anni: art. 70 ultimo capoverso CP).

Entscheid:

              Il Tribunale federale pronuncia:

    Il ricorso è respinto.